Con il solito scetticismo che accompagna i miei assaggi di vini rossi del sud Italia, oggi ho stappato una bottiglia di Salento Igt Susumaniello 2004 dell'azienda brindisina Lomazzi e Sarli, circa 20 euro in enoteca.
In un semplice roteare del vino nel calice ogni mio preconcetto è andato a farsi benedire.
Ma vediamo prima di che cosa stiamo parlando.
Il susumaniello è un raro vitigno a bacca rossa tipico della zona di Brindisi, anche se pare che sia originario della Dalmazia. Una delle sue caratteristiche principali è la grande produttività in età giovanile: è dai 5 ai 10 anni di vita, infatti, che la pianta dà il meglio di sè, caricandosi come un "asinello" - da qui il nome dialettale susumaniello - di ricchi grappoli dal colore bluastro.
Proprio il colore è l'altra grande peculiarità di questa uva, che presenta una concentrazione di antociani, le molecole coloranti naturali, quasi doppia rispetto al negroamaro, altro vitigno autoctono pugliese noto per il suo colore rosso fosco.
Così come non si può chiedere a un centometrista di portare a termine una maratona, il grosso limite della pianta del susumaniello è il repentino calo della produttività dopo lo sprint iniziale.
Raggiunta l'età adulta, intorno al decimo anno di vita, la pianta produce sempre meno grappoli, e per il contadino comincia a diventare sempre meno redditizia fino a divenire troppo onerosa.
A quel punto le vecchie piante vengono sostituite con nuove barbatelle, spesso di altri vitigni più longevi, come, restando in Puglia, primitivo, negroamaro, uva di Troia. Ecco perchè oggi il susumaniello resiste solo grazie alla volontà di pochi affezionati viticoltori.
Peccato, perchè il susumaniello non è seconda a nessuna altra uva pugliese.
Già ricordata la sua grande dote "colorante", l'uva rossa brindisina presenta un altro grande vantaggio, quello di raggiungere una maturazione equilibrata meglio delle altre uve vicine di casa.
In poche parole, mentre capita spesso che le altre uve locali abbiano qualche squilibrio tra maturazione zuccherina e maturazione dei polifenoli, ovvero di quei tannini che, se acerbi, danno al vino il gusto allappante, che lega la bocca, le uve di susumaniello raggiungono con maggiore facilità questo equilibrio tra acidi, zuccheri e tannini.
Equilibrio che viene poi trasmesso al vino.
L'assaggio
Il vino ha un colore rosso rubino cupo impenetrabile, quasi nerastro e, piegando un pochino il calice di lato, si può notare una sfumatura porpora, violacea, la cosiddetta "unghia".
Roteando il vino sulle pareti del bicchiere si formano densi archetti che lentamente si sciolgono in lacrime che scorrono verso il fondo, indizi di una bella consistenza e di un tenore alcolico, di 14%, ai limiti del liquoroso.
I profumi sono intensi ed eleganti. In evidenza le note fruttate di prugne mature e ciliegie sotto spirito, accompagnate da sentori speziati che ricordano i chiodi di garofano e la cannella. Dpo qualche secondo emergono anche lievi note vanigliate di legno dolce che nono disturbano affatto.
In bocca ritornano tutte queste sensazioni fruttate e speziate, tenute assieme da un tannino maturo e giustamente astringente e da una media acidità.
Il gusto ha una buona persistenza e invoglia a berne un altro sorso.
Per fortuna che un leggero appannamento alcolico ha ricordato a me e a mio padre che, anche se non sono invadenti, i 14 gradi alcolici ci sono eccome. E così, dopo aver onorato alla grande un ottimo arrosto di maiale e una fontina valdostana da urlo, abbiamo deciso a malincuore di conservare un paio di bicchieri di Susumaniello anche per la cena.
Qualche consiglio: a mio giudizio questo vino è pronto e va bevuto entro qualche mese.
Quando decidiamo di portarlo in tavola assicuriamoci che non sia troppo freddo nè troppo caldo. Bene a 16, massimo 18 gradi, perchè a temperatura maggiore il calore dato dall'alcol e le sensazioni fruttate tendenti al dolce potrebbero risultare troppo pesanti.
domenica 30 dicembre 2007
giovedì 8 novembre 2007
La bira non va sorsegiata
Ieri sera decima lezione del corso di primo livello per diventare sommelier.Dopo le precedenti puntate dedicate a vitigni, tecniche di vinificazione, chimica enologica e metodo di degustazione, abbiamo parlato di birra. Birra e distillati, per la precisione.A fare lezione è arrivato un sommelier professionista di Varese, grande esperto in birra e, a giudicare dalla mole pachidermica, di October Fest.A sentire il suo respiro pesante, stretto tra la cravatta e una cintura che a stento riusciva a trattenere la pancia debordante, a tutti noi è venuto automatico pensare: "Questo non arriva a fine serata".Tra una frase e l'altra ha continuato per due ore a passarsi il viso paonazzo con un fazzolettone pavarottiano che puntualmente ripiegava con cura nella tasca degli eleganti pantaloni.Altri particolari che hanno dato colore al personaggio sono stati il vizio di omettere le lettere doppie in ogni parola, tanto da farlo sembrare un mastro birraio tedesco, e poi quell'evidente tremore alle mani, che si notava ancora di più quando posava i lucidi sotto al proiettore.Salvo recuperare il pieno controllo dei movimenti, dimostrando grande sicurezza e professionalità, ogni qual volta rabboccava il proprio calice con un altro goccio di birra.Birra che, a suo dire, ricordatevelo bene, "NON VA SORSEGIATA, VA TRACANATA".E pazienza se, tra una "tracanata" e l'altra, i neuroni che controllano la pronuncia delle lettere doppie rimangono sul fondo del bicchiere, insieme ai lieviti delle birre trappiste.
Nicola Taffuri
Nicola Taffuri
Con rispetto parlando...di vino
Come il calcio, i motori, il cinema, la musica, la politica, il sesso anche il vino è uno di quegli argomenti che favoriscono la conversazione.
Utile per rinsaldare i legami tra le persone, aiuta a stringerne di nuovi, sciogliendo le nostre piccole inibizioni e riempiendo quegli imbarazzanti silenzi che si creano in tavola quando non conosciamo bene il nostro interlocutore e ci chiediamo “E adesso che le/gli dico?”.
Checchè ne dicano gli espertoni delle rubriche da fine Tg tutti i vini sono da “conversazione”, non solo i dolci passiti liquorosi da fine pasto.
Un vero appassionato potrebbe continuare a parlare di vino per ore, cambiando continuamente argomento, senza mai essere ripetitivo.
Perché il vino non è solo quello che versiamo nel bicchiere.
Il vino è un microcosmo di colori, profumi, paesaggi, vicende di grandi e piccoli uomini, racconto di grandi scommesse, di gloriose vittorie e impietose sconfitte.
Il vino è moda, arte, musica, storia e letteratura, chimica e tecnologia.
Questo blog nasce con l’intenzione di parlare dell’universo vino in maniera libera ma professionale, con tono leggero ma non superficiale e con quel giusto pizzico di ironia che aiuta a digerire meglio la vita.
Ogni tanto mi consentirò qualche piccola divagazione anche sul mondo dei distillati, delle grappe, delle birre.
Il tutto con moderazione e tenendo sempre presente che la bontà di un vino è assolutamente soggettiva e che dobbiamo nutrire comunque un sacro rispetto per il lavoro degli altri, case vinicole comprese.
Salute a tutti.
Nicola Taffuri
Utile per rinsaldare i legami tra le persone, aiuta a stringerne di nuovi, sciogliendo le nostre piccole inibizioni e riempiendo quegli imbarazzanti silenzi che si creano in tavola quando non conosciamo bene il nostro interlocutore e ci chiediamo “E adesso che le/gli dico?”.
Checchè ne dicano gli espertoni delle rubriche da fine Tg tutti i vini sono da “conversazione”, non solo i dolci passiti liquorosi da fine pasto.
Un vero appassionato potrebbe continuare a parlare di vino per ore, cambiando continuamente argomento, senza mai essere ripetitivo.
Perché il vino non è solo quello che versiamo nel bicchiere.
Il vino è un microcosmo di colori, profumi, paesaggi, vicende di grandi e piccoli uomini, racconto di grandi scommesse, di gloriose vittorie e impietose sconfitte.
Il vino è moda, arte, musica, storia e letteratura, chimica e tecnologia.
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Ogni tanto mi consentirò qualche piccola divagazione anche sul mondo dei distillati, delle grappe, delle birre.
Il tutto con moderazione e tenendo sempre presente che la bontà di un vino è assolutamente soggettiva e che dobbiamo nutrire comunque un sacro rispetto per il lavoro degli altri, case vinicole comprese.
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