Bergamo, come tutte le città con una doppia anima data dalla dicotomia storica ed estetica tra un nucleo "alto" e uno, più moderno, "basso", è un capoluogo dalle mille sorprese, spesso celate dietro l'angolo di un vicoletto come tanti.
E' il caso della Trattoria Le Tre Torri, posta in città alta nella graziosissima Piazza Mercato del Fieno, che propone un menu tipico bergamasco molto amato, cosa fondamentale, non solo dai forestieri ma soprattutto dai bergamaschi, popolazione molto godereccia soprattutto dal punto di vista culinario.
Oltre a proporre un menu a base di piatti forti come i classici casoncei, stinchi di maiale e brasati con i funghi e l'immancabile polenta taragna, questa trattoria ha anche una carta di vini ristretta ma ben congegnata. L'ultima volta che ci siamo stati abbiamo puntato su un nebbiolo valtellinese "sui generis", il Sassella di Fay.
Sandro Fay - Valtellina Superiore Docg Sassella 2011
Un valtellinese particolare perché, in Sassella e Valgella, dove il sig. Fay e suo figlio Marco, enologo appassionato della Borgogna, hanno i loro vigneti, il loro nome è legato alla ricerca di rossi più delicati ed eleganti rispetto ad altri conterranei più muscolosi e ruvidi. Impressione confermata anche da questo Sassella che ci ha fatto compagnia dai casoncelli con il guanciale saltato, fino al coniglio arrosto con polenta e funghi porcini.
Colore rosso rubino scarico con sfumature arancio e di bella consistenza, profumi di piccoli frutti rossi, viole, tabacco e sottobosco. In bocca è caldo e armonioso, con un tannino pienamente maturo che invita alla beva. Non eccezionale la persistenza anche perché comunque non ci troviamo di fronte al "Glicine", Sassella di punta dell'azienda, bensì al prodotto base, ma comunque un vino ben fatto, piacevole e perfetto con un menu di questo tipo. Con altre portate tipo "cervo in salmì" sarebbe certamente consigliabile salire di struttura. Voto: 84
venerdì 21 novembre 2014
lunedì 17 novembre 2014
Pizzoccheri e bollicine da rivedere

E allora perché non provare a proporre un altro abbinamento simile, mettendo tra noi e la bottiglia di metodo champenois un bel piatto di pizzoccheri valtellinesi?
Per l'occasione abbiamo scelto però il re degli spumanti italiaci, il Franciacorta Docg, precisamente l'Extra brut de La Montina, acquistato direttamente in cantina non più di un mese fa. Vediamo com'è andata.
Franciacorta Docg Extra Brut La Montina
Non male, decisamente non male. La freschezza e la ricca effervescenza di questo spumante prodotto a Monticelli Brusati nella tenuta storicamente di proprietà della famiglia Montini, che ha dato i natali al Papa Paolo VI fresco di beatificazione, ben si presta ad esaltare la tendenza dolce data dalla pasta del pizzocchero ma soprattutto dalle patate e dal formaggio. Così come i vivaci profumi agrumati e di crosta di pane valorizzano gli aromi del piatto, molto profumato. In realtà però questo pizzocchero non è venuto per la verità granché, perché troppo ricco di acqua di cottura e di formaggio latteria molto fresco che insieme hanno dato al piatto una succulenza eccessiva. Di conseguenza si è avvertita netta la mancanza della componente tannica ed alcolica, capace di fare a spallate alla pari con la robustezza del pizzocchero. Insomma, va bene l'esperimento ma un buon rosso ruvido valtellinese sarebbe stato ancora la soluzione canonica più consigliata per questo piatto. Anche se l'accostamento Extra Brut - pizzocchero è stato tutt'affatto sgradevole, anzi. Ma contro burro e formaggio fuso ci vuole altro che questo pur buon Franciacorta.
martedì 11 novembre 2014
Trattoria rara a Pavia
La cosa curiosa è che,fino a dieci minuti prima di capitarci x caso davanti,si stava discutendo sull'assoluta mancanza a Pavia di una genuina e onesta trattoria-osteria, quando, inaspettatamente, ci siamo ritrovati davanti all'insegna de L'angolo di casa, in Piazza XXIV Maggio, 1.

Provincia di Pavia Igt Pietro Torti Uva Rara 2013

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lunedì 10 novembre 2014
Cimice didattica

Il cavallo di Troia è stato un Pinot Nero dell'Oltrepo, che mi è stato regalato e presentato come vero succo d'uva...
Ora, estimatori e detrattori a parte dell'espressione pavese di quell'uva scontrosa e volubile che è il pinot nero, interessa in questa circostanza prendere nota di uno dei più didattici difetti del vino di cui si parla nei corsi di degustazione, e che tuttavia, per fortuna, non è così come frequente come la classica "puzza di tappo" o di "straccio bagnato".
Difetto di fermentazione
Come possiamo facilmente leggere su internet, la colpa di questa terribile sensazione olfattiva è dovuta a un ceppo di alcoli superiori che si sviluppano durante la fermentazione, riconducibili a una sorta di sensazioni "erbacee distorte" che ricordano in maniera inequivocabile, appunto, la puzza delle cimici quando vengono schiacciate.
Il problema è che questo Pinot Nero pavese all'inizio si è presentato nel bicchiere con una bella effervescenza accompagnata da degli odori "confusi" ma per nulla sgradevoli. Se non fosse che, svanita dopo qualche attimo l'effervescenza iniziale, ha cominciato subito ad emanare il vomitevole difetto. Niente, cena rovinata, bottiglia nel lavandino. Pinot nero pavese rimandato a settembre dell'anno prossimo, quando le cimici, si spera, svaniranno dal vino e torneranno nell'atmosfera.
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