Ieri sera sono andato con un'amica in una pizzeria in Brianza. Bel posto, uno tra i più gettonati della zona, servizio cortese e puntuale, pizze impeccabili. Per gli standard lecchesi, s'intende.
Dopo aver faticato un buon quarto d'ora per convincere la mia compagna di tavola che il vino non è più "cosa da vecchi" - ebbene sì, molti giovani la pensano ancora così! - all'uscita mi è toccato alzare nuovamente gli scudi in favore del vino italiano proprio con il gestore del locale. Tipo simpatico ma, in quanto astemio, persona decisamente poco lucida. Irrimediabilmente convinto che la figura del sommelier con tanto di tasse-de-vin appeso al collo sia qualcosa di superfluo che solo i ristoranti cinquestellati si possono permettere.
Ma dico io, possibile che ci sia gente del settore che crede ancora che ogni sommelier è come il Paolo Lauciani nosioso e ingessato dell'altrettanto noiosa e ingessata rubrica del Tg5 "Gusto"? Un sommelier bravo, capace e cordiale può benissimo lasciare palandrana e tasse-de-vin a casa e presentarsi al nostro tavolo con tanto di maniche rimboccate e grembiule macchiato di sugo. Allargare le braccia con aria profetica e rivelarci, a voce bassa: "Ditemi cosa desiderate e lasciate fare a me, ci penso io a farvi godere". Senza buttarla necessariamente sull'"hard" o sul "trash", la competenza del sommelier, inteso come esperto di vini e abbinamenti, è fondamentale per qualsiasi ristorante, agriturismo e trattoria di buon livello. Un po' meno per quegli strani ibridi che sono i ristoranti-pizzerie. Lì può essere sufficiente anche la simpatia di un oste astemio.
Nicola Taffuri
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