Alcuni noti vitigni a bacca rossa trasmettono al vino una componente aromatica che in gergo tecnico i sommeliers definiscono "animale" e che il più delle volte ricorda il cuoio, il pellame.
Ora, siccome il mondo animale è piuttosto vario e va dal cane al cavallo fino alla giraffa e al rinoceronte, cerchiamo di capire meglio cosa si intende per "sentore animale". Proprio ieri mi è capitato di assaggiare un Montepulciano d'Abruzzo che, a questo proposito, potremmo definire didattico, esemplare.
La nota selvatica è infatti una caratteristica del montepulciano, ritenuto da molti la più grande uva rossa italiana alla pari di nebbiolo e aglianico. L'importante è che questa tipicità non vada però a sovrastare gli altri deliziosi aromi fruttati e speziati del vino.
Il vino in questione, del quale mi limiterò a dire l'annata, la 2005, e il prezzo di 22 euro in enoteca, presentava invece una tale collezione di animali da fare invidia al biblico Noé.
A serrare gli occhi si ritornava bambini, quando ci portavano allo zoo tra cacche di cavallo e sterco di ippopotamo. La cosa era talmente evidente che il mio compagno di degustazione mi ha sussurrato in un orecchio "mi ricorda l'odore di Leo quando gli faccio il bagno". Inutile precisare che Leo non è il suo bimbo bensì un affettuoso pastore maremmano che trascorre le giornate a scorrazzare dentro e fuori dalle stalle del maneggio del padrone.
Il titolare del ristorante, invece, pareva non avere notato questa fisicità e seguitava a decantare i profumi fruttati di questo grande vino rosso abruzzese.
Meno male che, con estremo garbo, un'amica ha avuto il coraggio di fargli notare che c'era anche una leggerissima nota animale non molto elegante.
Appunto che è stato prontamente liquidato con un "Il Montepulciano deve essere così". Falso.
Il Montepulciano d'Abruzzo Doc, specie nella sua versione Colline Teramane Docg, può raggiungere davvero i vertici dell'eccellenza enologica mondiale, senza per questo rinunciare ad alcune delle sue tipicità come quella caratteristica nota animale. Provare, per credere, l'Inferi o il Dante dell'azienda Marramiero, il Villa Gemma e il Marina Cvetic del compianto Gianni Masciarelli, per non parlare del Montepulciano di Valentini.
Nicola Taffuri
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