domenica 30 gennaio 2011

Un cannonau sella e cimice

Stamattina sono sceso in cantina per pescare nella 'riserva discount' di mio padre un rosso adatto per accompagnare la tasca di vitello ripiena preparata da mia madre, e la polenta che mi accingevo a rimestare. Fatta quasi interamente con farina di grano saraceno e una piccola parte di farina di mais 'fioretto'.
Tra le varie bottiglie ho notato l'etichetta della linea da supermarket di Fontanafredda, azienda langarola comparsa proprio nel post precedente. Langhe Doc Nebbiolo 2006. Proviamolo. Lo porto in cucina e lo lascio un'ora ad acclimatarsi mentre, tra una rimestata col tarel e l'altra, continuo la lettura de La solitudine dei numeri primi, bestseller scritto, guarda caso, proprio da un piemontese.
Stappo il vino, annuso il tappo e... tombola. Rovinato. Muffito. Il sughero secco e compattissimo, il vino inacidito. Sarà un caso ma l'assaggio sorprendente del Dolcetto La Lepre rimane una lieta sorpresa per un'azienda che, almeno nella linea da supermercato, continua a lasciarmi scettico. Un numero primo anch'esso, insomma, quel Dolcetto fortunato. Ridiscendo negli inferi dei vini da discount, lascio il Piemonte e cerco consolazione in Sardegna.

Sardegna Doc Cannonau 2007 Sella e Mosca

Stavolta il tappo non ha difetti di conservazione. Il vino ha colore rosso brillante con sfumature granate. Al naso è assai poco invitante. Il sottile strato di frutti rossi e acidelli come amarene e ribes è soffocato da un prepotente sentore selvatico. E' quello che gli esperti chiamano cuoio ma che qui è più complesso e comprende un po' tutto il mondo dei cavalli, dal sudore alla sella bagnata fino allo stallatico.
A questi si aggiunge un evidente sentore sapido come quello che si ha quando si apre un barattolo con il sale nella nostra casa al mare rimasta chiusa per un anno. E, infine, delle sgraziate note balsamiche che dovrebbero richiamare la macchia mediterranea e quindi il mirto, il pino d'aleppo o il corbezzolo e che invece ricordano tanto l'olezzo delle cimici schiacciate.
In bocca ha una buona freschezza ma è 'polveroso', caldo e mediamente tannico. E' meno sgraziato che al naso, anche se sono sempre evidenti le note selvatiche e 'verdi', con l'aggiunta di un pizzico di pepe verde che chiude l'assaggio.
Insomma, indipendentemente da un prezzo che sarà certamente molto basso, diciamo che l'azienda sarda più famosa sul continente con questo Cannonau ha toppato. C'è decisamente di meglio. Sia nella sua vastissima gamma per tutti i portafogli, sia in quella di altre aziende, pure 'da supermercato'. Perché se è questa la tanto giustamente decantata 'tipicità' dei vitigni autoctoni italiani come, appunto, il cannonau, no grazie. Tutta la vita un merlot del Veneto.

domenica 23 gennaio 2011

Una Lepre da acchiappare al volo

La settimana scorsa ero a cena a Perugia in una deliziosa enoteca in via Cavour, gestita da un simpatico e brillante sommelier. A lasciarsi trasportare dalle specialità nel menu ci sarebbe stato da salire in carrozza per un viaggio dall'antipasto al dolce andata e ritorno per poi ricominciare daccapo salendo di una tonalità. Ma la cassa di risonanza del nostro stomaco non sarebbe stata in grado di reggere una simile cavalcata del gusto, e così abbiamo deciso di concentrarci su un piatto unico.
La mia amica una bella tagliata di entrecote con ratatouille di verdure. Io strangozzi con pomodori, guanciale di Norcia e scaglie di grana 'intruso' di Todi.
E il vino? La lista ne suggeriva di diversi per regione ma il mio 'nordismo', almeno per quanto riguarda il mio 'schieramento enologico' totalmente difforme da quello politico, mi ha portato a dare un'occhiata tra Piemonte, Trentino e Friuli.
"Proviamo il Dolcetto d'Alba di Prunotto", ho detto al sommelier.
Questi è tornato tenendo tra le mani una bottiglia con una simpatica etichetta con scritto 'La Lepre' a caratteri pelosi.
"Prunotto l'ho finito. Se vuoi ho questo Dolcetto di Fontanafredda. E' molto buono".
Fontanafredda. Un nome che troppo spesso associo agli scaffali dei supermercati più comuni, nemmeno a quelli che negli ultimi anni si sono attrezzati allestendo veri e propri reparti-enoteche. E poi, insomma, non amo particolarmente andare a pescare nelle cantine di aziende che fanno, nello specifico, 6milioni500mila bottiglie l'anno. Un caso più unico che raro, nel microframmentato panorama vitivinicolo del Piemonte di qualità.
Il tizio però mi dice di fidarmi, perché il Dolcetto La Lepre fa parte della nuova linea per la ristorazione di Fontanafredda, di assaggiarlo che al limite lo cambia. Ci mancherebbe. Lungi da me rompere i coglioni per motivi diversi dai classici evidenti difetti di conservazione.
E quel vino è perfetto. Già a una 'nasata rubata' offre un "intrigante ventaglio di frutta rossa, con una nota legnosa molto delicata, e un...".
"Ssssh. Silenzio - mi interrompe lei - Arrivano i piatti".

Diano d'Alba Doc Dolcetto 'La Lepre' 2008

...dicevamo, il vino veste il calice di un colore rosso rubino scuro con riflessi violacei. I profumi sono molto accattivanti e rivelano la natura del vitigno e un processo di lavorazione in cui l'affinamento nel legno ha avuto la sua parte senza tuttavia andare a coprire gli aromi primari dell'uva dolcetto. La sensazione iniziale è analoga a quella che si ha quando si apre un barattolo di confettura ai mirtilli. E poi more e ciliege, in maniera più sfumata, arricchite da un alito speziato di pepe nero. Sensazioni che tornano in bocca su un tessuto di morbido tannino e un nerbo di freschezza che invita alla beva e che termina con un piacevole finale di mandorle. Un vino perfetto con i primi piatti dal sapore deciso e speziato come i miei strangozzi veramente orgasmici, ed egregio anche per esaltare la succulenza di una tagliata. A un prezzo - 17 euro al ristorante, 12 in enoteca - piuttosto interessante.
Un Dolcetto senza scherzetto, insomma. Soprattutto se gustato in compagnia della lepre più deliziosa che ci sia...