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mercoledì 3 giugno 2015

Pinot noir in tutte le lingue del mondo

Invita una sera Guido Invernizzi, medico novarese e vulcanico docente Ais famoso per le sue appassionate iperboli in difesa dell'ancellotta e del pallagrello così come di quel tal Metodo Classico inglese, e apparecchiagli un tavolo di degustazione con sei espressioni mondiali del Pinot Nero vinificato in rosso. E' ciò che ha fatto qualche sera fa Elisa Cremonesi, delegata Ais per la provincia pavese, presso il lussureggiante resort Cascina Scova, alle porte di Pavia.
Una tavola alla quale era impossibile non partecipare.
Sei Pinot Noir di annate diverse da, nell'ordine di degustazione proposto, l'Isola sud della Nuova Zelanda, il Cile, il Sudafrica, l'Oregon, Israele e la Borgogna del sud.


Per un'infarinatura generale sul vitigno rimando a questo link.
Quello che insegnano ad ogni corso di degustazione è che il Pinot Nero è un vitigno difficile. Vuole un clima fresco, asciutto, con notevoli escursioni termiche tra il giorno e la notte, tante ore di luce, territorio drenante e sassoso-calcareo, ed è tremendamente vulnerabile a tutte le più classiche malattie della vite. La raccolta deve assecondare perfettamente la sua lenta maturazione, e in cantina porta un colore quasi cerasuolo e pochi tannini, tanto che alcuni produttori gettano nella pigiatrice anche parte dei raspi per compensare la scarsa carica tannica delle bucce. Il succo dell'uva è perfettamente bianco trasparente e inodore. La magia avviene in vinificazione.
Riporto qualche appunto sparso direttamente dal mio telefonino, improvvisato block notes.

SAINT CLAIR MARLBOROUGH PINOT NOIR 2013
Pinot di una zona tra Marlborough e Waipara, nel nord dell'Isola sud della Nuova Zelanda. Quasi tutti i vini qua hanno lo screw cap. Terreno calcareo collinare sottosuolo argilloso, grande escursione giorno notte. Profumi intensissimi. Uva monovigneti di Omaha valley. 30 barrique di primo, il resto di 2-3 passaggio. Vendemmia ritardata x lenta maturazione poi 5 giorni di raffreddanento prima della fermentazione. Rubino brillante piccoli frutti rossi noce moscata pepe bianco. Speziato, amarena, ribes rosso. Elegante giovane persistente. Sapido e polveroso,astringente ma non amaro. Vino magnifico.

VINHA VENTISQUERO PINOT NOIR "QUEULAT" 2011
Nei vigneti tra le Ande e il Pacifico la fillossera non è mai arrivata. I vitigni sono tutti quindi a "piede franco". Il clima gode di un'ottima escursione tra il giorno e la notte e della ventilazione continua da parte delle correnti oceaniche, in particolare dalla Corrente di Humboldt. Questo vino è prodotto nel nord del Cile, nella Valparaiso, tra Casablanca e Santiago del Cile, dove il clima ricorda molto quello delle zone più fresche del mediterraneo. I cileni sono veri maghi nell'arte dell'irrigazione a goccia e nella canalizzazione, maestria importantissima se si vuole coltivare adeguatamente un'uva come il pinot nero, che odia i ristagni d'acqua. 70 % barrique x 10 mesi, 30 % in acciaio.
Leggermente più "colorato" del neozelandese che era molto scarico. Attacco decisamente erbaceo vegetale, salmastro fin quasi alla salamoia. Poi spezie, pepe, e un frutto rosso che conquista spazi minuto dopo minuto. Molto meglio in bocca che al naso. Chiude balsamico e mentolato.
Meno longevo ed elegante del primo. Ad ogni modo un buon vino che necessita di adeguata areazione per accordare al meglio le sue complessità.

STELLENBOSCH MEERLUST PINOT NOIR 2012
Anche nell'entroterra di Cape Town le escursioni diurne sono marcate e i vigneti beneficiano della ventilazione dei venti oceanici, come il Cape Doctor proveniente dall'Oceano Indiano, che prima di giungere tra i filari viene naturalmente "dissalato" dalle ricche foreste del "bosco di Stellen".
In questa punta del Sudafrica abbiamo il maggior numero di ore di sole al mondo. La ricchezza dei suoli è enorme, con una collezione di circa 50 tipi di composizioni diverse, varietà dovuta al fatto che si tratta di terre derivanti direttamente dalla pangea, il continente primordiale che ancora non aveva dato il via alla deriva dei continenti. Nel complesso si tratta di terreni poco fertili, ricchi di granito e drenanti. Quindi perfetti per la viticoltura.
Diraspate, le uve vengono spremute e fatte fermentare in acciaio con un veloce passaggio in barrique, mentre la malolattica avviene in botti grandi. Maturazione: 50 % botti di allier e 40% in rovere x 10 mesi. Al momento è decisamente il "più borgognone" dei tre.
Grande, grande struttura data dal 14% di alcol.
Piccoli frutti rossi. Ribes,lamponi. Muschio e spezie, chiodo di garofano,liquirizia. Pieno opulento strutturato. Nota boisé piacevolissima. Ottima freschezza che fa salivare e tannino meraviglioso, associato a una grande sapidità.
Lunga la persistenza...

"Anima francese, suolo dell'Oregon", recita la traduzione dello slogan aziendale, che rende bene l'idea di quanto in quella che per molti coloni americani dell'est era la Terra Promessa il sodalizio vitivinicolo con la Francia mostri al mondo i propri orgogliosi prodotti.
In effetti questo è un vino perfetto, talmente elegante e raffinato da peccare quasi in personalità. Carattere ne ha invece da vendere. In questa vallata nel nord del Paese, un tempo occupata dal mare, la viticoltura ha una storia recente, risalente al 1975. Da allora le aziende vinicole hanno bruciato le tappe, dando vita a dei Pinot Nero che, ricorda Guido Invernizzi, negli ultimi anni "le hanno suonate non di rado ai grandi di Borgogna".
La maturazione molto lenta spinge la vendemmia fino alla prima decade di novembre. Una volta raccolte, le uve vengono diraspate e vinificate, inizia la lunga fermentazione effettuata anche in barrique francesi nuove per il 20%. Rubino scarico, naso ricco e raffinato, con una totale corrispondenza al gusto delle note di piccoli frutti rossi, amarene, pepe, sottobosco. Elegantissimo l'abbraccio tra le componenti acide, tanniche e sapide. Ricorda in maniera impressionante i Nuits-Saint-Georges della cote de nuits. Un vino tagliente e carezzevole. Perfetto e longevo.



YARDEN PINOT NOIR 2009
In Israele i coloni francesi hanno dato il "là" nel'800 a un percorso vitivinicolo che oggi ha raggiunto vette di assoluto rispetto.
Sulle contese alture del Golan il barone Rotschild ha comprato terre e impiantato vigneti, fiducioso che quella terra ricca di componenti vulcaniche, di tufi e basalti, potesse essere la base per una nuova colonia vitivinicola. Su queste montagne il clima offre escursioni termiche tali da riuscire a produrci anche l'Eiswein, il "passito di ghiaccio".
Questo terroir offre ottime condizioni di crescita per il pinot nero. Questo vino è stato affinato per il 70% in barrique nuove, per il 30 di secondo passaggio. Colore rubino scarico con riflessi granati, ha profumi intensi e complessi di fragoline di bosco, erbe officinali aromatiche, liquirizia. Sensazioni che tornano n bocca, incastonate in una grande struttura di buona  persistenza. Un vino davvero ben fatto.

SANTENAY AOC LOUIS LEQUIN "LES CHARMES" 1999 
Questo viaggio non poteva che terminare in Borgogna, dove tutto ebbe inizio ai tempi dei Romani, e dove l'attuale estrema parcellizzazione dei "clos" nacque dalla confisca terreni al clero da parte della Rivoluzione francese. Questo vino del sud della cote de Beaune è ancora in perfetta salute cromatica e gusto olfattiva a distanza di 16 anni. I profumi sono intensi, complessi ed eleganti e spaziano dalla frutta rossa matura, al tabacco, alla terra e  al cuoio, al tartufo. Molto interessante la nota ferrosa.
In bocca è imponente e ancora freschissimo, e invita alla  beva, ancora e ancora.
Dopo tutti questi assaggi saltando da un oceano all'altro c'era il rischio di annegare.
Ma, come chiosa Guido Invernizzi, "Se proprio devi annegare,meglio farlo nel vino che nel mare!".
Non fa una piega.

martedì 20 gennaio 2015

Nuova guida Ais: dalla vite al grappolo andata e ritorno

La settimana scorsa è arrivata per posta la nuova Guida dei Vini 2015 dell'Associazione italiana sommelier. Dopo l'intermezzo dell'ibrido 2014, più smilzo e con una sezione gastronomica dedicata ai ristoranti, torna più corposa che mai la guida enologica più prestigiosa in circolazione.
Finisce definitivamente, per i soci e i lettori, l'incubo della gestione "alla romana" di Franco Maria Ricci, storico editore e presidente dell'associazione.
Stando invece alla nuova Bibbia dell'eno appassionato, dopo il formato "mattonazzo" che forse non si era mai visto nemmeno nei tempi d'oro pre-crisi, balza all'occhio la maggiore scientificità del testo e della grafica. Recensioni concise senza troppi fronzoli o pompose lodi alle aziende, giudizi più critici e imparziali, assenza di alcuni campioni indiscussi per dare maggiore visibilità ai prodotti meno noti delle stesse case vinicole. Insomma: bastano pochi giri di pagina per percepire netta la sensazione di serietà e professionalità, che si erano un po' perse per strada, sacrificate al marketing di Bibenda.
Unica nota discutibile: il logo bruttino che ha sostituito il vecchio "grappolo" a premiare in numero crescente la qualità dei vini. I migliori non hanno più i 5 grappoli bensì le "t" della scritta vitae in copertina. Confidando in un logo più carino e creativo per il 2016, speriamo che la rinuncia al "grappolo" sia stata l'ultima concessione alla vecchia gestione padronale dell'associazione. Un "cavatappino" già andrebbe meglio. Ma poi, dico io, abbiamo il caro, vecchio taste vin...usiamolo!

giovedì 17 gennaio 2013

Una Forastera a Milano

Capita, con cadenza ormai mensile, di uscire per una pizza a Milano con i colleghi d'Avellino e dintorni che, come tanti altri ragazzi della Campania, si sono trasferiti da tempo nella metropoli lombarda per lavoro. Una volta erano le fabbriche ad attirare la manodopera "forestiera", oggi, a seguito della corsa alle lauree che ha intasato la domanda di lavoro nel nostro Paese, sono gli uffici.
Detto questo, è inevitabile che per un campano doc il richiamo per la propria terra sia irresistibile soprattutto quando si parla di pizza, e così da tempo abbiamo consacrato la pizzeria Sciuscià di via Procaccini come il luogo della nostra piacevole consuetudine.

L'ultima volta che ci siamo stati, ad accompagnare gli ottimi friarelli di antipasto e la successiva "bufala alla napoletana" con soffice cornicione "vista Vomero", abbiamo scelto un bianco tipico della Campania. Anzi, delle isole napoletane, di Ischia, per la precisione.
Ricordo che ne parlava con entusiasmo con la sua inconfondibile passione contagiosa il buon Guido Invernizzi, medico e sommelier docente AIS, durante una sua memorabile lezione sui vitigni autoctoni italiani.
Dissertava con tale godimento di "biancolella e forastera", che il binomio mi è rimasto in mente per anni e finalmente mi sono ritrovato a testarlo, almeno in parte, di persona.

Ischia Igt Forastera "Euposia" 2010 - Casa d'Ambra
Un bianco profumato di fiori, agrumi freschi e di erbe mediterranee, di buon corpo e dalla seducente struttura sapida, condita da un frutto gustoso dal finale leggermente amaricante. Un insieme che ben si presta a fare da spalla all'esplosione di sapore e aromi della pizza con la mozzarella di bufala.
Restando sugli autoctoni campani ma saltando sulla sponda dei rossi, il Gragnano della Penisola Sorrentina resta il miglior alleato della pizza, capace di giocarsela con il migliore dei Lambruschi in circolazione. Provare quello di Grotta del Sole per credere.

mercoledì 6 maggio 2009

Esame Ais, cronaca della prova orale

Come al solito non bisognerebbe mai dare retta ai racconti degli esaminandi che finiscono sotto torchio per primi. C'è chi, uscito dalla sala di degustazione con annessa camera della tortura, suggerisce tremante l'orrorifico monito "Non andare dal commissario", chi invece consiglia in lacrime di evitare "il bergamasco", secondo esaminatore.
Poi, alla prova dei fatti, capisci che, come sempre, "il diavolo non è mai brutto come lo si dipinge". Certo, non bisogna farlo imbufalire. Su alcune nozioni fondamentali non si può transigere e occorre concentrarsi su quelle. Dove si trova il Pomerol, per esempio, come funziona il "metodo champenois" o, ancora, quali sono i passiti rossi secchi d'Italia (es. Amarone e Sforzato). E pazienza se non ti ricordi tutte le zone vinicole del Cile o tutti i vitigni dell'Argentina, e se la tensione ti fa dimenticare che il petit rouge è un'uva valdostana. Quelle sono domande fatte ad arte per avere subito un'idea del grado di preparazione dell'allievo. E' evidente, infatti, che se uno è in grado di recitare a memoria i gradi Oeschle dei QmP tedeschi presumibilmente saprà anche la differenza tra il Barolo e il Barbaresco e i loro comuni di produzione. Così come ricorderà le diverse sottozone del Chianti e l'uva con cui è fatto il Taurasi. Non sono i dettagli a fare la differenza. Però sono inammissibili errori sui vini più famosi d'Italia e di Francia. E non sapere la differenza tra la birra e un distillato. Oppure abbinare una crostata di frutta con un Franciacorta Extra Brut.
Un consiglio, quindi. Concentrarsi sui macroargomenti e, per ognuno di questi, ricordarsi qualche nozioncina da sciorinare con nonchalance. Ad ogni modo non crediate di essere promossi solo perché avete pagato fior di quattrini i 3 corsi Ais. Ne va della reputazione di tutta l'Associazione.
N.T.

mercoledì 22 aprile 2009

Terzo livello Ais, cronaca dell'esame scritto

Che non sarebbe stata una formalità già si sapeva. E meno male. Dopo tanto dispendio di tempo, fegato e denaro per frequentare i tre livelli dell'Associazione italiana sommelier ci sarei rimasto davvero male se il temuto esamone finale si fosse risolto "a tarallucci e vino". Invece, nel mio caso, è finito a Chianti Classico e Pecorino Senese. Anzi, iniziato, visto che i giochi sono cominciati intorno alle 14,30 proprio dalla valutazione di un bianco (Sauvignon) e dalla scheda di abbinamento vino e cibo. All'altra metà dei corsisti è toccato valutare, invece, un bianco col vitello tonnato.
Piatti freddi, avevamo preventivato. E piatti freddi sono stati.
Dopodiché via con il questionario. Vero falso, domande a risposta multipla. Fino a giocarsi tutto sulle 10 domande aperte, quelle più pesanti ai fini del punteggio finale. Constatazione. Se si arriva all'esame senza lacune particolari le dieci domande sono assolutamente accessibili.

A spanne, a me è toccato:
1) Docg e relativi vitigni di Veneto, Abruzzo e Campania.
2) Procedimento di produzione della birra e differenza tra birre ad alta e bassa fermentazione.
3) Quali sono le 3 voci nella scheda vino che pesano più per coefficiente di punteggio (e qual è il coefficiente).
4) Differenza tra Whisky e Whiskey e metodo di produzione del Whisky scozzese.
5) Fillossera
6) Maturazione fenolica e maturazione tecnologica
7) Vitigni, zona di produzione, tipologie di Porto
8) 3 esempi di abbinamento x concordanza di vini e piatti aromatici
9) risotto, scampi e zucchine: caratteristiche e tre vini da abbinamento
10) California: zone vinicole e relativi vitigni

Qualche nozionismo "spinto" solo nei vero-falso e nelle risposte multiple (es. gradi Babo e acidità dell'Extravergine), ma tanto quelle valgono poco.
Consapevole di aver inevitabilmente scritto qualche minchiata, confido nell'orale. Appuntamento al 5 maggio. Stay tuned.
N.T.