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mercoledì 21 dicembre 2022

Natale, tempo di regali ma occhio alle annate!

Da qualche anno i supermercati ospitano dei reparti che sono delle vere enoteche, che sotto le festività spesso propongono offerte che difficilmente un'enoteca potrebbe permettersi di mettere in vetrina. Potenza dei grandi numeri. C'è tanto di buono ma spesso nei grandi numeri si cela anche l'occasione per tutta la filiera, dalla cantina alla gdo, di smaltire qualche fondo di magazzino invenduto. Capita in autogrill, mi è capitato spesso leggendo le newsletters con le offerte dei più noti siti di vendita di vino online, mi è capitato qualche giorno fa in un noto supermercato a Lecco.

Nelle cataste di confezioni regalo mi cade l'occhio su un trittico valtellinese griffato Conti Sertoli Salis.

Ingolosito dal nome e dai 34,90 € della cassetta di legno, mi avvicino per controllare il contenuto della confezione, visto che stavo proprio pensando di inviare un omaggio valtellinese a dei cari amici siciliani. La apro e scopro un Grumello Docg del 2015, un Valtellina Superiore Docg del 2012 e il Saloncello Igt Alpi Retiche, del 2019. Ora, dico io, va bene che i vini da uva nebbiolo hanno un potenziale da invecchiamento che ha pochi eguali tra i vini della Penisola. Tuttavia non stiamo parlando di un grande Barolo o di un rinomato Supertuscan ma di prodotti base di un'azienda vinicola valtellinese dal passato certamente più glorioso del presente. Per intenderci, oggi in Valtellina si può trovare decisamente di meglio. Acquistare confezioni regalo con bottiglie di più di un lustro di età può farci fare davvero una magra figura, quindi occhio al prezzo ma soprattutto all'annata!


giovedì 31 ottobre 2013

Il muschiatello della Loira

Ricordo con quanta enfasi e passione Guido Invernizzi, medico, sommelier e docente Ais, decantava le virtù di uve e vini "minori", dalla forastera di Ischia, al Gragnano di Sorrento fino al Muscadet della Loira. Buona la prima, imprescindibile il secondo, specie se di aziende come Grotta del Sole. E il "muschiatello" francese?
Trovato qualche giorno fa al supermercato a circa 9 euro e acchiappato al volo per fare compagnia a un pranzo a base di cozze.

Muscadet Sèvre et Maine AOC Ackerman 2011
I mitili, del resto, sono il naturale accostamento gastronomico di questo bianco tipico dell'ultimo tratto "atlantico" della Loira, il cui estuario va a gettarsi nell'oceano nei pressi di Saint-Nazaire, pochi km dopo aver attraversato Nantes. Prodotto con uve del vitigno a bacca bianca "melon de Bourgogne", forse "fuggito" dalla nobile Borgogna per trovare apprezzamento sulle tavole dei marinai, è un vino bianco leggero e molto, molto citrino, con vaghi sentori di muschio (da qui il nome), tanto che si presta alla grande per accompagnare alcune delle specialità dell'Atlantico, come crostacei, ostriche e saint-jacques, le "cappesante".
La spiccata acidità del vino e la sua discreta sapidità, infatti, ben si prestano ad esaltare il sapore delicato di queste prelibatezze a tendenza dolce e grassa, tanto che potremmo definirlo uno dei meglio riusciti abbinamenti territoriali per contrapposizione.
Io l'ho provato con un piatto di cozze in una preparazione troppo saporita per via dell'aggiunta di sale e peperoncino. Non male ma decisamente molto meno azzeccato dell'uso atlantico, più naturale e meno condito. Ad ogni modo un vino senz'altro curioso che però è assai difficile da apprezzare in un contesto geografico estraneo al suo.
Voto: 74.



mercoledì 21 novembre 2012

Una Schiava per ogni stagione

Se cercate traccia dell'azienda in internet vedrete scorrere un lungo elenco di offerte dei suoi vini in vari siti comparativi e nulla più sulla proprietà. Solo i più abili smanettoni, incuriositi dal mistero, arriveranno a scoprire che la misteriosa Cielle Vini, produttrice di vini trentini da supermercato con un eccellente rapporto qualità-prezzo, fa capo sempre a lei, La Vis.
In particolare, il Lago di Caldaro Doc Terresomme, che a più riprese nel corso degli ultimi mesi ho trovato in offerta all'Esselunga di Pavia al prezzo di poco più di 2 euro a bottiglia, mi è piaciuto tanto da comprarne nell'arco di quest'anno 12 bottiglie che hanno accompagnato vari piatti dalla primavera fino a questa imminente stagione invernale. La più recente l'ho stappata in occasione di una cenetta dai richiami asburgici che vedete in foto, abbinata a un bel salsicciotto altoatesino con patate, crauti e lenticchie, e ha fatto come sempre la sua egregia figura.
Questo rosso "quasi rosato" da uve schiava è il classico vino da tutto pasto, leggero, delicato e gradevolmente fruttato, di struttura esile, quasi per nulla tannico e di buona freschezza. Un vino da bere nella bella stagione quasi come bibita, che ben si presta ad accompagnare minestre di cereali e pietanze semplici di carne e di pesce, mi raccomando senza note acide 'ché il vino di acidità ne ha già abbastanza di sua, né amare, visto che la schiava "chiude" col caratteristico finale amarognolo.
E poi è tipico, non la confondi con nessun altro vitigno. Può piacere e può non piacere. A me personalmente piace un sacco perché mi ricorda lontanamente la preziosa delicatezza di piccoli frutti rossi, tipica di alcuni giovani pinot nero che capita di bere nei "villages" borgognoni.

sabato 30 aprile 2011

Ottima bevuta pasquale con 16 euro

Quando lavoravo a Milano nella redazione di un mensile di enogastronomia uno dei pezzi più pallosi che mi spettavano di diritto, in qualità di ultimo dei redattori in ordine di importanza, bravura e considerazione, era quello dedicato a "Bere bene con meno di 50 euro". Si trattava, in sostanza, di inventare una storiella attorno a un menu di diverse portate accompagnate da vini differenti e con un ottimo rapporto qualità prezzo. La regola era, appunto, che bisognava riuscire a comprare 5-6 bottiglie in enoteca senza superare la soglia dei 50 euro. Ho rispolverato questo giochetto per Pasqua ma, invece che in enoteca, sono andato a far spesa all'Ipercoop di Cantù, il supermercato tra le province di Como e Lecco che ha la migliore selezione di vini.
Sapendo che eravamo una decina dei quali solo 3-4 discreti bevitori e che il menu pasquale avrebbe previsto antipasti, torte salate alle verdure, lasagne alle verdure e lasagne di carne, arrosto di vitello, agnello al forno con patate, colomba artigianale e pastiera napoletana, ho scelto cinque etichette:
Muller Thurgau Spumante Brut "Lilium" Concilio, Conegliano e Valdobbiadene Docg Prosecco Extra Dry Carpené Malvolti, Gutturnio Doc 2010 Casabella, Alto Adige Doc Pinot Nero 2009 Erste & Neue, Moscato liquoroso di Pantelleria Doc 2008 Carlo Pellegrino.
In tutto ho speso poco più di 22 euro e mi sono pure beccato i complimenti di amici e parenti che hanno apprezzato la scelta dei vini. Non solo. Furbescamente sono riuscito a risparmiare il Pinot Nero, mio preferito, per un'altra occasione di minor condivisione.
Servito molto freddo, a non oltre 7°, gli aromi fruttati e erbacei del Brut di Concilio sono come una salda stretta di mano che invita a sedersi e cominciare a stuzzicare i primi bocconi degli antipasti, per poi continuare con la fresca morbidezza dell'Extra Dry di Carpené Malvolti, eccellente esempio di Prosecco a tutto pasto che mette d'accordo tutti i palati, da quelli più raffinati a quelli abituati alla gassosa. Sul Gutturnio vale il parere del mio vecchio zio, che da una vita si fa spedire i vini da un produttore dell'Oltrepo, che ha dichiarato "questo sembra quasi più buono di quello che prendo io!". Saltiamo, come anticipato, il Pinot Nero e passiamo al vino da dessert. Ecco, qui il palato allenato sorride apprezzando il gusto ruffiano del moscato liquoroso di Pellegrino, molto simile al vero e proprio Passito di Pantelleria sebbene meno alcolico e meno ricco di aromi e gusto. Resta comunque un ottimo vino dolce, perfetto per valorizzare il sapore della pastiera napoletana e per ripulirci la bocca dal velo della ricotta richiamando il gusto della frutta candita e del fior d'arancio.
Diamo un'occhiata allo scontrino: quattro ottimi vini stappati, 16 euro spesi. Mica male, no?

domenica 30 gennaio 2011

Un cannonau sella e cimice

Stamattina sono sceso in cantina per pescare nella 'riserva discount' di mio padre un rosso adatto per accompagnare la tasca di vitello ripiena preparata da mia madre, e la polenta che mi accingevo a rimestare. Fatta quasi interamente con farina di grano saraceno e una piccola parte di farina di mais 'fioretto'.
Tra le varie bottiglie ho notato l'etichetta della linea da supermarket di Fontanafredda, azienda langarola comparsa proprio nel post precedente. Langhe Doc Nebbiolo 2006. Proviamolo. Lo porto in cucina e lo lascio un'ora ad acclimatarsi mentre, tra una rimestata col tarel e l'altra, continuo la lettura de La solitudine dei numeri primi, bestseller scritto, guarda caso, proprio da un piemontese.
Stappo il vino, annuso il tappo e... tombola. Rovinato. Muffito. Il sughero secco e compattissimo, il vino inacidito. Sarà un caso ma l'assaggio sorprendente del Dolcetto La Lepre rimane una lieta sorpresa per un'azienda che, almeno nella linea da supermercato, continua a lasciarmi scettico. Un numero primo anch'esso, insomma, quel Dolcetto fortunato. Ridiscendo negli inferi dei vini da discount, lascio il Piemonte e cerco consolazione in Sardegna.

Sardegna Doc Cannonau 2007 Sella e Mosca

Stavolta il tappo non ha difetti di conservazione. Il vino ha colore rosso brillante con sfumature granate. Al naso è assai poco invitante. Il sottile strato di frutti rossi e acidelli come amarene e ribes è soffocato da un prepotente sentore selvatico. E' quello che gli esperti chiamano cuoio ma che qui è più complesso e comprende un po' tutto il mondo dei cavalli, dal sudore alla sella bagnata fino allo stallatico.
A questi si aggiunge un evidente sentore sapido come quello che si ha quando si apre un barattolo con il sale nella nostra casa al mare rimasta chiusa per un anno. E, infine, delle sgraziate note balsamiche che dovrebbero richiamare la macchia mediterranea e quindi il mirto, il pino d'aleppo o il corbezzolo e che invece ricordano tanto l'olezzo delle cimici schiacciate.
In bocca ha una buona freschezza ma è 'polveroso', caldo e mediamente tannico. E' meno sgraziato che al naso, anche se sono sempre evidenti le note selvatiche e 'verdi', con l'aggiunta di un pizzico di pepe verde che chiude l'assaggio.
Insomma, indipendentemente da un prezzo che sarà certamente molto basso, diciamo che l'azienda sarda più famosa sul continente con questo Cannonau ha toppato. C'è decisamente di meglio. Sia nella sua vastissima gamma per tutti i portafogli, sia in quella di altre aziende, pure 'da supermercato'. Perché se è questa la tanto giustamente decantata 'tipicità' dei vitigni autoctoni italiani come, appunto, il cannonau, no grazie. Tutta la vita un merlot del Veneto.

giovedì 31 dicembre 2009

A spararle grosse...

Da un paio di mesi ho scoperto che l'Ipercoop di Cantù ha un banco vini piuttosto interessante. Davvero ampia la scelta di etichette italiane, con sbalorditivi fuoriclasse da enoteca e una nutrita presenza di bottiglie internazionali. Esteticamente non è il massimo della vita, ma un fuoriprogramma al supermercato canturino, rispetto al solito andirivieni dal Bennet di Lecco, con la sua tristissima carta dei vini, val bene il cambio di rotta.
E' chiaro che occorre, anche all'Ipercoop, scegliere bene. Praticare una giusta mediazione tra nome del vino e prezzo. Credevo di aver scelto bene pescando il Cannonau Le Bombarde 2008 della cantina Santa Maria la Palma, "scaffalato" a circa 5 euro. Invece mi sbagliavo. Colore rubino già tendente al granato, molto poco accattivante al naso, dove il frutto è morto e sepolto sotto decise note di cuoio, terra bagnata e viole sfiorite. Penalizzante, in questo caso, la corrispondenza naso-bocca. Anche al gusto pare un vino già sfiorito nonostante la giovane età del suo corpo esile e spigoloso. Insomma, un Cannonau con le polveri bagnate. Allo stesso prezzo c'è di meglio.

lunedì 30 novembre 2009

Verdicchio da paura sul banco dell'Ipercoop

Tempi duri, per le enoteche, da quando le aziende vinicole hanno deciso di cedere alle facili tentazioni della grande distribuzione, unica a garantire loro il pieno e rapido raggiungimento dell'obiettivo del "magazzino vuoto, cassa piena", vitale per ogni azienda. Ancor più in questi momenti di crisi, in cui occorre più che mai ridurre al minimo l'invenduto e "fare cassa" il prima possibile.
Succede così che oggi anche la massaia abituata a cucinare a Tavernello, Ronco e Castellino, si trova a girare tra gli scaffali dei supermercati tra Bricchi dell'Uccellone e Terre Brune.
Qualche giorno fa sono capitato all'Ipercoop di Cantù quasi per caso, giusto perché era l'unico supermercato con apertura domenicale e avevo urgente bisogno di comprare qualche bottiglia da portare a una cena con vecchi amici. Tutti buoni bevitori, specie il padrone di casa, marchigiano di Jesi.
Così ne ho approfittato per fare scorta di vini anche per le prossime festività. Con un omaggio al padrone di casa.
Decisamente sconsigliato il Syrah australiano Yellow Tail 2004, un vino da bere freddo per riuscire quantomeno a rendere quasi gradevole la sua stucchevolezza.
Evitabile, per chi già come me non ha una grande simpatia per la tipologia, anche il Nero d'Avola Cent'Are Duca di Castelmonte.
Assolutamente piacevole, invece, il Refosco di Piera Martellozzo. Uno di quei rossi da tutto pasto che, se ti perdi in chiacchiere, ne finisci una bottiglia senza neanche accorgertene.
In attesa di mettere alla prova il Contado di Di Majo Norante con il cappone natalizio, urge tessere le lodi del vino che più mi ha incantato nei miei recenti "assaggi da supermercato". E' il Verdicchio dei Castelli di Jesi Classico Superiore "Cuprese" 2005 dell'azienda Colonnara, storica cantina sociale che vinifica le uve di circa 190 soci in quel di Cupramontana, entroterra anconetano e patria di questo stupefacente vitigno marchigiano.
Un vino che inganna alla vista e all'olfatto, visto che ti attenderesti importanti gradazioni da quel colore giallo paglierino quasi dorato e da quella sbalorditiva intensità di profumi di fiori gialli, agrumi maturi e grafite. Invece sono solo 12,5 i gradi alcolici e in bocca la sensazione fruttata e minerale domina incontrastata, valorizzata da una freschezza ancora imperante a distanza di 4 anni dalla vendemmia, con una nota finale amaricante di scorza di cedro davvero piacevole.
Un bianco di straordinaria beva, ottimo con gli accostamenti più disparati, dal quasi scontato "spaghetti di mare" agli altrettanto soddisfacenti connubi con polenta uncia e pizza ai 4 formaggi.
Una raccomandazione: serviamolo a non meno di 12° per valorizzare meglio il suo corpo vibrante. Infine il prezzo: 6,50 euro. Anche il mio amico di Jesi è rimasto senza parole.

venerdì 20 marzo 2009

Un Syrah da prendere al volo

Tra gli scaffali del supermercato alcuni nomi sono una garanzia. Prendiamo ad esempio la linea GDO di Feudo Arancio, composta da Chardonnay, Grillo, Inzolia, Merlot, Nero d'Avola, Cabernet Sauvignon e Syrah. Ovvero tutta la moderna tipicità della Sicilia del vino, dove accanto alle grandi uve della tradizione troviamo alcuni dei più grandi vitigni internazionali che in Trinacria si sono ambientati talmente bene da aver ormai ottenuto la cittadinanza onoraria.
Penso, ad esempio, al Syrah 2007 che ho stappato giusto ieri.
Rubino scuro, intenso e consistente, ha profumi intensi assolutamente accattivanti di more fresche e confettura di mirtilli, in un'amalgama di liquerizia e spezie davvero molto invitante in cui si fa timidamente strada anche una leggera nota erbacea. Caldo, morbido e corposo in bocca, vanta ancora una buona acidità e un tannino levigato e per nulla aggressivo.
Del resto non è stato fatto per essere messo in cantina in attesa di chissà quale affinamento. E' nato per essere bevuto giovane, entro 2-3 anni dalla vendemmia.
Cosa possiamo pretendere di più da un vino che costa appena cinque euro o giù di lì e che regge alla grande accostamenti con piatti di buona struttura come risotti con salsiccia, carni alla brace e formaggi piccanti?
Nicola Taffuri

martedì 6 gennaio 2009

Ottimo rosso della Linguadoca

Bottiglia ammaccata e svenevole che avrebbe ispirato Salvador Dalì, etichetta anticata in stile piratesco. Non c'è che dire: il J.P.Chenet non passa certo inosservato e strizza abilmente l'occhio a tutti coloro che, con sguardo avido, vagano scannerizzando gli scaffali del supermercato alla perenne ricerca di qualcosa di nuovo.
Se poi, come nel caso di questo rosso francese, la curiosità può essere soddisfatta con meno di 5 euro, come non riporne immediatamente un paio di bottiglie nel carrello?

J.P.Chenet Cabernet-Syrah 2007 - Vin de Pays D'Oc
Innanzitutto una precisazione per coloro che non hanno dimestichezza con le denominazioni d'Oltralpe. In Francia i Vin de Pays corrispondono agli italici Igt. Quella specifica "D'Oc" indica la provenienza geografica dalla regione del Languedoc Roussillon. Nulla c'entra, quindi, con le Doc nostrane!
Frutto dell'unione delle uve cabernet sauvignon e syrah, questo vino ha colore rosso rubino con violacei riflessi giovanili e buona consistenza.
I profumi sono intensi, fini e caratterizzati da aromi di frutta fresca come le ciliege e le fragole, seguite da lievi note di erbe aromatiche e dolci speziature di liquerizia. In bocca è corposo, secco e morbido, è fresco e sapido, di rotondo tannino. Ottimo il riscontro gusto-olfattivo e pregevole la persistenza di frutta rossa. Per apprezzarlo meglio non serviamolo sopra i 16 gradi, perché le note dolci potrebbero appesantire il piacere della beva. Io l'ho provato con delle tagliatelle al ragù e con del pecorino sardo di media stagionatura. Davvero eccellente. Finalmente, dopo aver assaggiato Borgogna e Bordeaux tanto cari quanto deludenti, posso dire anch'io, per una volta, "Vive la France!".
Nicola Taffuri