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lunedì 27 febbraio 2023

Gros Jean, un valdostano dall'accento burgundo

 

Tra le mode del momento sì è fatta strada da qualche anno quella dell' "adozione a distanza" di alberi, stelle, stalle, arnie e...vigneti. E così grazie a mio cugino Marco mi sono ritrovato padre adottivo di un filare di pinot nero in quel di Quart, località valdostana distante, appunto, quattro miglia romane dal capoluogo Aosta, a un'altezza di circa 500 metri sul livello del mare.

Qui l'azienda biologica Gros Jean offre la possibilità di adottare due crus: il più recente Rovettaz e lo storico Tzeriat, posto tra i 750 e gli 800 mt s.l.m. e da dove proviene, appunto, il "mio" Pinot Nero, annata 2020.

Premesso che il pinot nero di stile borgognone è il mio rosso preferito, devo dire che in questo vino ho ritrovato tutte le piacevoli sensazioni provate andando per cantine da Beaune verso nord lungo tutta la Côte d'Or.

Il colore rosso rubino scarico, le intense sensazioni di piccoli frutti rossi e amarene che danzano con i sentori speziati di caffé, liquirizia e sottobosco, mi hanno riportato a quella Francia, spesso tronfia e pretenziosa ma tanto seducente nella sua schietta personalità.

Parliamo comunque di un'annata ancora giovane ma già pronta e alla portata di tutti, da bere tutti i giorni in compagnia di primi piatti strutturati o di secondi di carne, grigliate o arrosto, piuttosto che da assaporare a fine pasto in compagnia di un formaggio grasso di capra o di un gorgonzola nostrano. Volendo giocare con la temperatura di servizio si potrebbe anche abbinare, servito a non più di 14°, a un filetto di tonno o di pesce spada alla griglia. Non siamo nell'olimpo del Pinot Nero, ma nella rassicurante "comfort zone" di un ottimo vino versatile e ben rappresentativo di un vitigno e del suo terroir.

Ultima nota di merito l'etichetta elegante sulla classicissima borgognotta, con stampato il cognome del padre adottivo.

martedì 13 gennaio 2015

Rosso di montagna biologico

Petit rouge con l'aggiunta di un "quartino" di cornalin, fumin e premetta, tutte uve autoctone valdostane. Questa la ricetta dell'uvaggio del Torrette Supérieur della cantina della famiglia Grosjean, storici vignaioli in quel di Quart che ormai da quarant'anni hanno imboccato con successo la strada del biologico.

Vallée d'Aoste Doc Torrette Supérieur "Vigne Rovettaz" 2012
Questo vino stupisce subito per il colore rosso rubino scuro, con leggere sfumature volacee, è molto denso e consistente e ha profumi intensi di buona complessità che spazia dai piccoli frutti di bosco maturi, in particolare le more e i ribes, virando sulla confettura di amarene per poi imboccare una via floreale e di spezie dolci assolutamente accattivante. In bocca queste note dolciamare sono sostenute da un tannino maturo e soprattutto da una viva acidità che rende ogni assaggio fresco e appagante. Anche la persistenza è di tutto rispetto, per un vino territoriale assolutamente equilibrato e ben riuscito, che seduce senza ruffianerie e parla la lingua inconfondibile di questi luoghi di montagna meravigliosamente esposti a sud su pendii che offrono un'incilinazione ottimale ai raggi solari.
Un vino ottimo per un "tutto pasto" con piatti saporiti, ideale accostamento di primi piatti con ragù e con secondi di carne, soprattutto brasati e umidi, anche di cacciagione e selvaggina da piuma e da pelo.
Voto: 86

giovedì 26 dicembre 2013

Un Moscato di montagna

 Le feste di fine anno sono un momento unico per assaggiare vini e stappare bottiglie che amici, parenti e anche noi stessi abbiamo "tenuto da parte" in attesa della proverbiale "occasione giusta". Bottiglie che abbiamo in cantina da anni, così come, più semplicemente, souvenirs di recenti vacanze.
Come il Moscato secco di Chambave che mio cugino aveva preso in Val d'Aosta durante un soggiorno estivo a Courmayeur. Destinato da mesi ad accompagnare i tradizionali antipasti di mare del pranzo di Natale: salmone, cappesante, scampi e cozze gratinate.

Vallée d'Aoste Doc Chambave Muscat 2012 "La crotta di vegneron"
Le uve di Moscato Bianco, utili alla vinificazione del Vallée d’Aoste Chambave Muscat DOC, raggiungono la giusta maturazione nei vigneti dislocati sulle colline di Chambave, Pontey, Verrayes, Saint-Denis, Châtillon e Saint-Vincent. Qui, a 30 km dal fondovalle e dal confine con il Piemonte, la cantina cooperativa "La crotta di vegneron" raccoglie le uve dei 120 soci produttori e le vinifica declinandole in 15 vini della macro Doc Valle d'Aosta, dal Petit Rouge al Fumin, fino, appunto, al Muscat de Chambave.
Colore giallo paglierino brillante con riflessi dorati e di bella consistenza, al naso svela un ventaglio di profumi di fiori gialli, pesca e frutta tropicale, da cui emerge nitido l'aroma del litchi a coprire le note di erbe aromatiche che ci aspetteremmo più evidenti da un moscato. Sensazioni che si ripresentano in bocca in un corpo caldo, fruttato, morbido e di ottima acidità, con una decisa vena amarognola finale ricorrente nei vini da uve aromatiche. Un Moscato, per chi non conosce la tipologia, senza dubbio "spiazzante", tanto che si potrebbe facilmente confondere con un Gewurztraminer altoatesino. Infatti l'ho apprezzato decisamente di più con la fontina di fine pasto piuttosto che con le entrée di pesce, eccezion fatta per gli scampi. Per queste molto meglio lo Spumante Fripon Extra Dry, altro souvenir altoatesino da uve prié blanc e muller thurgau, le più alte d'Europa perché coltivate vis-à-vis con il ghiacciaio del Monte Bianco.
Voto: 80.