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martedì 20 gennaio 2015

Nuova guida Ais: dalla vite al grappolo andata e ritorno

La settimana scorsa è arrivata per posta la nuova Guida dei Vini 2015 dell'Associazione italiana sommelier. Dopo l'intermezzo dell'ibrido 2014, più smilzo e con una sezione gastronomica dedicata ai ristoranti, torna più corposa che mai la guida enologica più prestigiosa in circolazione.
Finisce definitivamente, per i soci e i lettori, l'incubo della gestione "alla romana" di Franco Maria Ricci, storico editore e presidente dell'associazione.
Stando invece alla nuova Bibbia dell'eno appassionato, dopo il formato "mattonazzo" che forse non si era mai visto nemmeno nei tempi d'oro pre-crisi, balza all'occhio la maggiore scientificità del testo e della grafica. Recensioni concise senza troppi fronzoli o pompose lodi alle aziende, giudizi più critici e imparziali, assenza di alcuni campioni indiscussi per dare maggiore visibilità ai prodotti meno noti delle stesse case vinicole. Insomma: bastano pochi giri di pagina per percepire netta la sensazione di serietà e professionalità, che si erano un po' perse per strada, sacrificate al marketing di Bibenda.
Unica nota discutibile: il logo bruttino che ha sostituito il vecchio "grappolo" a premiare in numero crescente la qualità dei vini. I migliori non hanno più i 5 grappoli bensì le "t" della scritta vitae in copertina. Confidando in un logo più carino e creativo per il 2016, speriamo che la rinuncia al "grappolo" sia stata l'ultima concessione alla vecchia gestione padronale dell'associazione. Un "cavatappino" già andrebbe meglio. Ma poi, dico io, abbiamo il caro, vecchio taste vin...usiamolo!

giovedì 3 marzo 2011

Freisa, una nuova procuginetta per il nebbiolo?

Come capita agli uomini, anche le uve alzano la cresta - e le 'ali', laddove ci sono - per rivendicare titoli nobiliari. Se non fosse che lo fanno sempre per bocca degli uomini. In questi giorni ho letto un articolo su una rivista specializzata, ok niente misteri su deVinis, il mensile dell'Ais, sul recupero dell'antica vigna di Villa della Regina, a Torino. Meno di un ettaro dove sono state impiantate 2700 barbatelle di freisa, con vista sulle Alpi e sulla Mole Antonelliana. L'autore getta tra le righe con non-chalance il fatto che nuovi studi ampelografici condotti da tale dottoressa Anna Schneider hanno rilevato una parentela di questa uva rossa tipica del Piemonte e in particolare del torinese (Doc Chieri) e dell'astigiano (Doc Asti) con il mitico nebbiolo, il re delle Langhe e grande notabile nella ristretta cerchia dei vitigni più pregiati del mondo. Parentela possibile, oppure una trovata pubblicitaria per attirare visitatori in questa restaurata vigna di città, rarità che la prima capitale d'Italia condivide con Parigi e Vienna?

Differenze da manuale
Ecco come i manuali specializzati descrivono questi due vitigni. A voi decidere se elevare la freisa a una sorta di procuginetta del nebbiolo o declassarla a Cenerentola in cerca del suo Principe azzurro.
NEBBIOLO: grappolo piramidale, alato, piuttosto allungato, abbastanza compatto. Acino medio-piccolo, rotondo o ellissoidale, con buccia sottile e consistente, molto 'pruinosa'. Ciclo vegetativo lunghissimo, vendemmia fino a novembre. Acini ricchissimi di acidi, zuccheri e polifenoli, per vini austeri e molto strutturati.
FREISA: grappolo medio, cilindrico, aperto quasi spargolo, acino medio, tondo con buccia pruinosa sottile e resistente, nero bluastro. Maturazione precoce, grande flessibilità in vinificazione per vini giovani o invecchiati, secchi o dolci, mossi o fermi.

martedì 16 marzo 2010

Grande degustazione di Vini Pellegrini: appunti da Villa Cavenago (1a parte)

Cielo blu terso e un ottimo afflusso di visitatori, per la maggior parte ristoratori e qualche giornalista affamato, hanno accompagnato il primo della due giorni di degustazioni (8-9 marzo) nei saloni patrizi di Villa Cavenago a Trezzo d'Adda, sede del grande banco d'assaggio organizzato da Pellegrini Spa per promuovere tutte le etichette italiane ed estere del suo corposo listino.
Presenti molti dei produttori, disponibili alla chiacchiera come nemmeno al Vinitaly e davvero notevole lo spazio dedicato ai distillati, dal quale tuttavia ho deciso a malincuore di restare fuori per motivi squisitamente etilometrici.

Abbandonato dopo due sorsi il rigoroso ordine di degustazione spumanti-bianchi-rossi-passiti, ho assaggiati tanti, forse troppi, vini senza ordine logico e senza cedere, come al solito, all'uso della sputacchiera. Non mi ci abituerò mai, che vi devo dire. Mi par di mancar di rispetto ai produttori. Questa, almeno, è la scusa.

Vale la pena però rimettere ordine alle idee e indicare qualche etichetta che mi ha davvero ben impressionato. Partiamo, quindi, dall'aperitivo.
Vai col Prosecco. Conegliano e Valdobbiadene, naturalmente, freschissime di DOCG.
La maliziosamente simpaticissima Cinzia Canzian, pierre dell'azienda 100% femminile Le vigne di Alice, ci conduce in un assaggio "dal morbido al duro" attraverso la piacevole cremosa beva dell'Extra Dry fino alla stuzzicante secchezza del Brut Doro e all'eleganza del tradizionale Brut Tajad, figlio, appunto di un taglio delle storiche uve bianche locali verdiso, prosecco, boschera e bianchetta.
Tre spumanti dal look raffinato e di qualità eccellente, con un buon rapporto qualità-prezzo e fatti da donne (Alice è la defunta nonna). Che vogliamo di più come aperitivo o come tutto pasto leggero in una bella giornata di sole primaverile?
continua...

mercoledì 6 maggio 2009

Esame Ais, cronaca della prova orale

Come al solito non bisognerebbe mai dare retta ai racconti degli esaminandi che finiscono sotto torchio per primi. C'è chi, uscito dalla sala di degustazione con annessa camera della tortura, suggerisce tremante l'orrorifico monito "Non andare dal commissario", chi invece consiglia in lacrime di evitare "il bergamasco", secondo esaminatore.
Poi, alla prova dei fatti, capisci che, come sempre, "il diavolo non è mai brutto come lo si dipinge". Certo, non bisogna farlo imbufalire. Su alcune nozioni fondamentali non si può transigere e occorre concentrarsi su quelle. Dove si trova il Pomerol, per esempio, come funziona il "metodo champenois" o, ancora, quali sono i passiti rossi secchi d'Italia (es. Amarone e Sforzato). E pazienza se non ti ricordi tutte le zone vinicole del Cile o tutti i vitigni dell'Argentina, e se la tensione ti fa dimenticare che il petit rouge è un'uva valdostana. Quelle sono domande fatte ad arte per avere subito un'idea del grado di preparazione dell'allievo. E' evidente, infatti, che se uno è in grado di recitare a memoria i gradi Oeschle dei QmP tedeschi presumibilmente saprà anche la differenza tra il Barolo e il Barbaresco e i loro comuni di produzione. Così come ricorderà le diverse sottozone del Chianti e l'uva con cui è fatto il Taurasi. Non sono i dettagli a fare la differenza. Però sono inammissibili errori sui vini più famosi d'Italia e di Francia. E non sapere la differenza tra la birra e un distillato. Oppure abbinare una crostata di frutta con un Franciacorta Extra Brut.
Un consiglio, quindi. Concentrarsi sui macroargomenti e, per ognuno di questi, ricordarsi qualche nozioncina da sciorinare con nonchalance. Ad ogni modo non crediate di essere promossi solo perché avete pagato fior di quattrini i 3 corsi Ais. Ne va della reputazione di tutta l'Associazione.
N.T.

mercoledì 22 aprile 2009

Terzo livello Ais, cronaca dell'esame scritto

Che non sarebbe stata una formalità già si sapeva. E meno male. Dopo tanto dispendio di tempo, fegato e denaro per frequentare i tre livelli dell'Associazione italiana sommelier ci sarei rimasto davvero male se il temuto esamone finale si fosse risolto "a tarallucci e vino". Invece, nel mio caso, è finito a Chianti Classico e Pecorino Senese. Anzi, iniziato, visto che i giochi sono cominciati intorno alle 14,30 proprio dalla valutazione di un bianco (Sauvignon) e dalla scheda di abbinamento vino e cibo. All'altra metà dei corsisti è toccato valutare, invece, un bianco col vitello tonnato.
Piatti freddi, avevamo preventivato. E piatti freddi sono stati.
Dopodiché via con il questionario. Vero falso, domande a risposta multipla. Fino a giocarsi tutto sulle 10 domande aperte, quelle più pesanti ai fini del punteggio finale. Constatazione. Se si arriva all'esame senza lacune particolari le dieci domande sono assolutamente accessibili.

A spanne, a me è toccato:
1) Docg e relativi vitigni di Veneto, Abruzzo e Campania.
2) Procedimento di produzione della birra e differenza tra birre ad alta e bassa fermentazione.
3) Quali sono le 3 voci nella scheda vino che pesano più per coefficiente di punteggio (e qual è il coefficiente).
4) Differenza tra Whisky e Whiskey e metodo di produzione del Whisky scozzese.
5) Fillossera
6) Maturazione fenolica e maturazione tecnologica
7) Vitigni, zona di produzione, tipologie di Porto
8) 3 esempi di abbinamento x concordanza di vini e piatti aromatici
9) risotto, scampi e zucchine: caratteristiche e tre vini da abbinamento
10) California: zone vinicole e relativi vitigni

Qualche nozionismo "spinto" solo nei vero-falso e nelle risposte multiple (es. gradi Babo e acidità dell'Extravergine), ma tanto quelle valgono poco.
Consapevole di aver inevitabilmente scritto qualche minchiata, confido nell'orale. Appuntamento al 5 maggio. Stay tuned.
N.T.

lunedì 13 aprile 2009

Vinitaly 2009, le dritte del maestro Guido Invernizzi

Guido Invernizzi, vulcanico sommelier della sezione Ais di Novara, ci guida anche quest'anno alla scoperta di alcuni tesori nascosti tra i padiglioni del Vinitaly.
Vini tanto buoni da bersene, come lui stesso ammetterebbe a telecamere spente, interi tir e autocisterne. Dopo avere avuto la fortuna di seguire alcune sue lezioni durante i corsi Ais sono assolutamente convinto che con un po' di allenamento alla diretta il buon medico d'origine lecchese potrebbe diventare un animale televisivo assolutamente impareggiabile. Ma anche totalmente sprecato in rubriche da fine Tg inutili, impagliate e stucchevoli come i vari "Gusto" e affini.
N.T.

sabato 4 aprile 2009

Tra sorprese e conferme, al Vinitaly si scavalla anche la crisi

Potremmo eleggere a simbolo del Vinitaly 2009 la gigantesca macchina scavallante di fabbricazione olandese che incombe minacciosa al centro del piazzale tra i padiglioni di Puglia e Toscana. Pare uscita direttamente da Terminator per scavallare vigne e crisi. Crisi? Il mondo del vino riunito nell'annuale appuntamento a Verona per la manifestazione enologica più importante del pianeta pare godere di perfetta forma, immune dalle sciagure dell'economia mondiale. Almeno, questa è l'impressione che ho avuto nella mia consueta due giorni, giovedì e venerdì, riservata agli operatori.
Ma si sa, questi eventi sono fatti apposta per, appunto, mettersi in mostra comunque e nonostante tutto. Per regalare sorrisi a profusione, farsi dei gran complimentoni e distribuire generose strette di mano a destra e a manca. E la crisi? Non c'è. Arriverà, forse. L'onda lunga dello Tsunami bancario scoppiato in America deve ancora travolgere il settore vinicolo europeo, specie quello italiano e francese, i due principali esportatori di vino del mondo. Tuttavia l'impressione è che la tanto paventata "onda lunga" arriverà, se arriverà, giusto a bagnare le punte dei piedi ai nostri produttori. Che si fanno forti di una fama costruita in anni e anni di lavoro serio, di selezioni in vigna sempre più esasperate, di sopraffine tecniche di cantina, di investimenti sull'enoturismo che fanno ben sperare.

Detto questo, parliamo di vino. Ho scoperto che l'Asprinio di Aversa di Grotta del Sole fa capottare in veranda da tanto che è buono, così come il loro Gragnano sorrentino, uno stupefacente rosso frizzante degno del miglior Lambrusco padano. Ho avuto la conferma che di Lugana del Garda me ne berrei intere autocisterne, non a caso il vitigno è parente strettissimo del mio amato Verdicchio marchigiano. Così come il Sauvignon del Veneto e il Gewurztraminer altoatesino mi fanno godere come un matto. Non posso dire altrettanto delle mediaticamente pompatissime bollicine Docg di una nota azienda dell'Oltrepo che in sala stampa ha scatenato una sadicissima caccia alla puzza tra me e un paio di colleghi. Alla fine ha vinto il sentore di sudore secco di ascella di vignaiolo con maglia di lana. Quando ci si mette, il pinot nero sa essere ancor più capriccioso e fetente dei giornalisti!
Ho scoperto quanto sono buoni tutti i nebbiolo del Piemonte minore, soprattutto quelli di Boca, Lessona e Carema.
Mi sono illuso di essere al cospetto del mitico Giovanni Cherchi, icona della vitivinicoltura di Gallura e autore di un Vermentino e di un Cagnulari assolutamente impareggiabili. E invece era un suo parente affiancato dai nipoti del titolare, intagliati in lineamenti duri e cortesi alla Gianfranco Zola.
Ho avuto la conferma che l'Aglianico se la gioca alla grande con il Barolo per l'élite del miglior rosso d'Italia, quindi d'Europa, quindi del mondo.
Ho dovuto anche ricredermi sul Chianti Classico, che ho sempre giudicato "roba per americani" e che, invece, può ancora essere un grandissimo grazie a qualche produttore fedele per lignaggio alle tradizioni, come il Conte Sebastiano Capponi, o a enotecnici intelligenti e moderni come Paolo de Marchi di Isole e Olena, di cui ho apprezzato molto di più lo schietto Chianti Classico 2006 che non il blasonatissimo supertuscan Cepparello, annata 2005.
Ma, più che tutto, ho avuto la conferma che, spesso, le soprese migliori e gli aneddoti più interessanti è facile che arrivino proprio dagli stand meno frequentati dai lettori di guide, riviste e annuari vari. Metti il vino di San Colombano, per esempio. Il cosiddetto "vin de Milan", che in realtà è più piacentino che meneghino. Lo fanno una quindicina di aziende su una collina a sud di Lodi, a circa 50 km da Milano, presso il confine con l'Emilia. Indimenticabile, per esempio, il Franco Riccardi dell'azienda Nettare dei Santi, sorta di delizioso ed economico (solo 8 euro!) "Sforzato" o "Amarone", vedete un po' voi, da appassimento di uve merlot e cabernet sauvignon. Davvero un vino della madunina!
Nicola Taffuri

mercoledì 11 marzo 2009

Mini corso online sui vini biologici

Quello dell'agricoltura biologica è un comparto destinato a crescere in maniera esponenziale nei prossimi anni, forte della comune riscoperta dei prodotti genuini stagionali e, soprattutto, del ritardo accumulato in Italia rispetto al resto del mondo occidentale. E' ora che anche noi ci si dia una mossa, anche a livello promozionale. Per capirne qualcosa in più in maniera semplice ed esaustiva vale la pena partire proprio dalla filiera vitivinicola, particolarmente interessata dal fenomeno bio. Sul sito ilVinoBiologico.it è appena cominciato un breve corso on line dedicato proprio ai vini biologici. Cliccando qui possiamo scaricarne l'interessante introduzione. E procedere poi alle puntate successive che ci faranno capire perché il biologico fa bene alla salute, al territorio, all'economia locale e, di riflesso, a quella nazionale. Per poter accedere al download occorre prima iscriversi alla newsletter. Il sito ha anche un blog sempre aggiornato e un gruppo su Facebook.
N.T.