domenica 25 agosto 2013

Gioioso matrimonio lacustre con altarino

In attesa di mettere insieme le idee sparse e le meravigliose foto sulla mia seconda scampagnata ferragostana in Borgogna - a proposito, Beaune a metà agosto è una strepitosa alternativa agli affollati lidi italici ma si conferma uno dei periodi meno felici per l'enoviaggiatore per via della chiusura per ferie di molti pregiati "domaines", in attesa del tour de force della vendemmia prevista quest'anno a partire dal 20 settembre - ecco qualche riga dedicata alla fine delle vacanze, per il resto spese tra la mia terra lariana e un'improvvisata sul Garda bresciano, a Desenzano e dintorni.

E qui devo subito fare una rapida ammenda: snobbate da sempre le località gardesane perché liquidate come "tristi e per famiglie tedesche in sandali e calzini", devo dire che mi è bastato un soggiorno tra Sirmione e Manerba per farmi promettere che ci tornerò presto per dedicarci un'intera vacanza, tale è la bellezza dei paesaggi, la delicatezza dei sapori, la ricchezza e la varietà dell'offerta turistica, e l'accoglienza dei gestori improntata sulla volontà di sfidare le località marittime con listini dall'ottimo rapporto qualità-prezzo.

La cantina della Valtenesi
Sulla via per lo splendido resort sulla collina dietro Moniga del Garda ho incrociato per caso il punto vendita dei vini della Civielle, la Cantina della Valtenesi costruita dal mitico valtellinese Nino Negri attorno al 1920.
Da amante del Lugana, ricordo ancora l'assaggio casuale del loro Pergola in un bar di Lecco, e non ho perso l'occasione per assaggiarlo di nuovo, a distanza di qualche anno, direttamente alla sorgente.
Annata 2012 buona ma al di sotto delle mie aspettative. Guidato dalla gentilissima  proprietaria ho deciso allora di portarmi via, oltre a una bottiglia di Lugana Doc Pergola 2012, anche altre cinque bottiglie di cinque diversi produttori di Lugana, che Civielle con una brillante operazione di scontistica riesce a vendere allo stesso prezzo operato in cantina dal produttore.

E così oggi, tornato alla base lecchese per riportare gatto e valige in quel di Pavia, ho fatto saltare il tappo del Lugana Doc 2012 della famiglia Olivini, destinandolo a una delle mie specialità, il risotto con il pesce persico.

Pesce di lago e Lugana, supremo abbinamento territoriale
Un piatto saporito e delicato al contempo, dove spicca la dolcezza del risotto, la delicatezza del pesce persico, l'aromaticità della salvia e l'untuosità del condimento. Il piatto tipico del lago di Como, ancor più "locale" dei missoltini che si ritrovano anche nei menu gardesani alla voce "aringhe di lago con polenta alla brace".
Insomma, una specialità che va davvero a nozze con un buon Lugana, come quello della famiglia Olivini.
Colore giallo paglierino brillante, profumato di fiori bianchi e limoni freschi, seguiti dalla pesca bianca e da una nota minerale. Ottimo il riscontro in bocca, un vino morbido e freschissimo, con una decisa nota agrumata che fila a braccetto con una finissima vena minerale che a tratti mi fa volare con la mente alla recente visita francese a Meursault e dintorni. Chiusura piacevolmente amarognola di buona persistenza.
Punteggio: 84.

Un matrimonio azzeccatissimo, insomma. Costo della cerimonia: 7 euro la bottiglia 36 euro al kg il pesce persico. E a questo punto vi svelo l'altarino: quello nella foto non è pesce persico ma tilapia, un "surrogato" del Vietnam. Buono e molto più economico, visto che si trova a 16 euro al kg, esattamente la metà del pregiato simile lariano. Per questo molti ristoratori comaschi e lecchesi, specie i risto-pizza che giocano al ribasso, fanno i furbetti..

mercoledì 27 febbraio 2013

Una Passerina scaccia Sanremo

Andata in archivio anche questa edizione del Festival di Sanremo, l'unico ricordo che mi resta di quelle noiose serate di zapping alla vana ricerca della quotidiana psicodose di talk show pre-elettorale, è la bottiglia di Passerina del Frusinate che mi ha fatto compagnia per due sere consecutive.
Uva autoctona italica tipica della fascia adriatica tra le Marche e l'Abruzzo, la passerina, per lungo tempo a torto considerata parente stretta del trebbiano giallo, compare a macchia di leopardo anche in tutto il centro Italia, Lazio compreso, dove viene coltivata da diversi secoli. E' proprio dalla provincia di Frosinone che arriva questa bottiglia che ho pescato tra le offerte più appetibili dell'Esselunga di Pavia.

Frusinate Igt Passerina 2012, Cantina sociale di Piglio
Colore giallo paglierino brillante e abbastanza consistente, si presenta con aromi di fiori bianchi rinfrescati da un temporale di inizio primavera (che immagine, eh!?), accompagnati da delicati sentori di pesca bianca e melone bianco con contorni minerali. Questo insieme accattivante si ripresenta in bocca sostenuto da una grande freschezza che invita alla beva. Chiaramente da un vino di fascia bassa non ci si può attendere chissà quale persistenza, però ciò non toglie che possa essere un piacevolissimo compagno di una gustosa minestra di legumi, piuttosto che di un risotto alle verdure o di un filetto di merluzzo in padella senza pomodoro né limone, per evitare di accentuare la naturale acidità del vino.

Passserina consolatoria, insomma, in mancanza della farfalla di Belen...

giovedì 17 gennaio 2013

Una Forastera a Milano

Capita, con cadenza ormai mensile, di uscire per una pizza a Milano con i colleghi d'Avellino e dintorni che, come tanti altri ragazzi della Campania, si sono trasferiti da tempo nella metropoli lombarda per lavoro. Una volta erano le fabbriche ad attirare la manodopera "forestiera", oggi, a seguito della corsa alle lauree che ha intasato la domanda di lavoro nel nostro Paese, sono gli uffici.
Detto questo, è inevitabile che per un campano doc il richiamo per la propria terra sia irresistibile soprattutto quando si parla di pizza, e così da tempo abbiamo consacrato la pizzeria Sciuscià di via Procaccini come il luogo della nostra piacevole consuetudine.

L'ultima volta che ci siamo stati, ad accompagnare gli ottimi friarelli di antipasto e la successiva "bufala alla napoletana" con soffice cornicione "vista Vomero", abbiamo scelto un bianco tipico della Campania. Anzi, delle isole napoletane, di Ischia, per la precisione.
Ricordo che ne parlava con entusiasmo con la sua inconfondibile passione contagiosa il buon Guido Invernizzi, medico e sommelier docente AIS, durante una sua memorabile lezione sui vitigni autoctoni italiani.
Dissertava con tale godimento di "biancolella e forastera", che il binomio mi è rimasto in mente per anni e finalmente mi sono ritrovato a testarlo, almeno in parte, di persona.

Ischia Igt Forastera "Euposia" 2010 - Casa d'Ambra
Un bianco profumato di fiori, agrumi freschi e di erbe mediterranee, di buon corpo e dalla seducente struttura sapida, condita da un frutto gustoso dal finale leggermente amaricante. Un insieme che ben si presta a fare da spalla all'esplosione di sapore e aromi della pizza con la mozzarella di bufala.
Restando sugli autoctoni campani ma saltando sulla sponda dei rossi, il Gragnano della Penisola Sorrentina resta il miglior alleato della pizza, capace di giocarsela con il migliore dei Lambruschi in circolazione. Provare quello di Grotta del Sole per credere.

venerdì 4 gennaio 2013

Genuinità e tradizione nel cuore di Firenze

Spulciando tra gli appunti di degustazione che avevo preso negli scorsi mesi senza mai avere né il tempo né la voglia di trascriverli sul blog, ho recuperato questa foto fatta a casa durante un pranzo autunnale. Ritrae il mitico fischetto del Chianti vero, quello beverino senza grandi pretese di invecchiamento, che avevo acquistato a Firenze a giugno, durante la trasferta per il concerto di Bruce Springsteen all'Artemio Franchi. Concerto alluvionato, concerto fortunato. Perché il giorno dopo, per ricaricare le batterie bagnate prima di rimettersi in marcia alla volta di Trieste, dove il Boss avrebbe suonato la sera stessa, siamo andati in caccia di una trattoria fiorentina tipica "vera". In questi casi non resta che rivolgersi a chi ci vive e non ha alcun interesse nello sponsorizzare un locale piuttosto che un altro. E per esperienza ho scoperto che gli edicolanti sono una straordinaria risorsa di indicazioni.
E così anche in quell'occasione il giornalaio di turno ci ha azzeccato, dirottandoci verso la trattoria tipica richiesta. Buona, economica e non turistica. "Andate alle Mossacce, là in fondo a sinistra". Giusto a un tiro di tappo dalla cupola del Brunelleschi.

L'opinione in sintesi
Non sto a dilungarmi troppo. Dirò solo che il posto è alla buona ma molto carino e l'ospitalità squisita quanto le pietanze tipiche toscane, da gustare gomito a gomito con gente del luogo e qualche turista meravigliato di essere capitato nel cuore di Firenze in un locale prima di tutto per i fiorentini e solo in seconda battuta per i turisti, nonostante vanti un'ottima visibilità sul web. Qui, tra taglieri misti di affettati e formaggi toscani, minestre, ribollite e trippa alla fiorentina, si mangia la vera costata alla fiorentina, quella alta tre dita e che si scioglie in bocca.
A fare compagnia al pranzo d'altri tempi abbiamo preso un Nobile di Montepulciano, buono ma di cui non ricordo il nome. All'uscita, però, mi sono fatto dare un fiasco del vino della casa, il Chianti Docg Le Mossacce, per l'appunto. Che a distanza di mesi ho aperto e mi ha restituito intatta la genuinità di quella piacevole scoperta di inizio estate. Fresco, fruttato il giusto, di medio corpo e amabilmente speziato, beverino quanto basta da lasciarne giusto un dito sul fondo del fiasco senza lasciar passare inosservata la vena selvatica tipica del Chianti "d'antan". Quello che, a differenza dei barricati e "internazionalizzati" Chianti di oggi, non ci stancheremmo mai di bere, per gusto e per prezzo.

mercoledì 21 novembre 2012

Una Schiava per ogni stagione

Se cercate traccia dell'azienda in internet vedrete scorrere un lungo elenco di offerte dei suoi vini in vari siti comparativi e nulla più sulla proprietà. Solo i più abili smanettoni, incuriositi dal mistero, arriveranno a scoprire che la misteriosa Cielle Vini, produttrice di vini trentini da supermercato con un eccellente rapporto qualità-prezzo, fa capo sempre a lei, La Vis.
In particolare, il Lago di Caldaro Doc Terresomme, che a più riprese nel corso degli ultimi mesi ho trovato in offerta all'Esselunga di Pavia al prezzo di poco più di 2 euro a bottiglia, mi è piaciuto tanto da comprarne nell'arco di quest'anno 12 bottiglie che hanno accompagnato vari piatti dalla primavera fino a questa imminente stagione invernale. La più recente l'ho stappata in occasione di una cenetta dai richiami asburgici che vedete in foto, abbinata a un bel salsicciotto altoatesino con patate, crauti e lenticchie, e ha fatto come sempre la sua egregia figura.
Questo rosso "quasi rosato" da uve schiava è il classico vino da tutto pasto, leggero, delicato e gradevolmente fruttato, di struttura esile, quasi per nulla tannico e di buona freschezza. Un vino da bere nella bella stagione quasi come bibita, che ben si presta ad accompagnare minestre di cereali e pietanze semplici di carne e di pesce, mi raccomando senza note acide 'ché il vino di acidità ne ha già abbastanza di sua, né amare, visto che la schiava "chiude" col caratteristico finale amarognolo.
E poi è tipico, non la confondi con nessun altro vitigno. Può piacere e può non piacere. A me personalmente piace un sacco perché mi ricorda lontanamente la preziosa delicatezza di piccoli frutti rossi, tipica di alcuni giovani pinot nero che capita di bere nei "villages" borgognoni.

lunedì 12 novembre 2012

L'eccellenza biologica in Oltrepo

Dopo varie vicissitudini lavorative che mi hanno per forza di cose allontanato non solo dal mondo della scrittura e dei blog ma anche da quello dell'enogastronomia vedo con piacere che Vinoscopio seguita ad essere visitato da passanti e aficionados. E allora non mi resta che ricominciare con estremo piacere proprio da dove un anno fa è ripartita la mia vita professionale, da Pavia.

Azienda Agricola Bisio Devis
Quando hai un amico o un parente che si diletta di biologico e biodinamico non c'è titolo di esperto di enogastronomia che tenga: occorre mettersi in seconda fila e seguire il segugio di turno, nella punta della preda prescelta. Da tempo quel salutista di mio cugino voleva fare un'incursione in Oltrepo per comprare della Bonarda biologica, e l'occasione si è presentata sul finir di vendemmia, un weekend di inizio autunno.
Meta prescelta: Bisio Devis, azienda dell'eccellenza biologica con vigneti a far da vassalli al castello di Montalto Pavese.

La degustazione in cantina è filata via liscia in maniera simpaticamente informale e ha fatto capire che, nonostante qui siamo in terra di Riesling, i prodotti meglio riusciti sono i rossi Bonarda e Barbera. Eccellente la prima per chi ama questo classico vivace dell'Oltrepo, tanto ricco di dolci richiami di piccoli frutti rossi da sfiorare la definizione di "amabile", ottima la seconda per chi desidera una briosità più fresca e beverina. Due ottimi compagni, insomma, di tutta la ricca tradizione gastronomica a base di maiale e dei tortelli di ogni genere e tipo, con la Bonarda sfiziosa alternativa al Lambrusco per accompagnare anche una buona pizza napoletana.
Da tenere in cantina e rivedere tra 1-2 anni invece il Riesling, che picchia ancora un po' troppa sull'acidità.
Molto buono, infine, il dolce Moscato, che in quanto a beva nulla ha da invidiare al più rinomato cugino astigiano.
Assolutamente competitivi i prezzi: 3,50 Bonarda e Barbera, 3,80 il Riesling.

martedì 24 maggio 2011

Montevecchia, una bellissima alla ricerca della propria identità

Non sarà più il "vin de Milàn" che aveva assaggiato Mario Soldati nei suoi viaggi enogastronomici che negli anni '60 lo avevano portato fino alle ultime propaggini dei depositi morenici del lecchese. Ma il vino di Montevecchia, nelle sue fedeli e molteplici reinterpretazioni seguite alla riscoperta della viticoltura in questo angolo di Toscana in terra brianzola, è sempre un buon pretesto per una visita al territorio.
Da oltre 15 anni il progetto vinicolo più ambizioso è quello dell'azienda La Costa, proprietaria di diverse cascine ristrutturate su e giù tra ordinati filari di ogni età e maestosi e profumatissimi cespugli di rosmarino. Elena Crippa, classe 1976, porta avanti con passione il sogno cominciato da suo padre, imprenditore milanese dai natali brianzoli, di tornare sui luoghi dell'infanzia e rimettere ordine a quelle colline dimenticate dai forestieri.
A spasso tra filari vecchi e nuovi, parla dei loro impianti a cordone speronato, dei vitigni, del terreno pietroso e ricco di minerali, del significato dell'agricoltura biologica a cui loro aderiscono senza per questo rinnegare i classici interventi in vigna con sostanze naturali come lo zolfo e il rame contro oidio e peronospora. Parla del pianto della vite e della nuova moda di alcuni coltivatori di raccogliere le lacrime di linfa che colano in primavera dai tagli delle potature, per produrre prodotti cosmetici.
Parla dell'allegagione, ovvero del passaggio dal fiore al frutto, e dei fatidici "3 giorni" in cui il tempo deve essere clemente per non dilavare la preziosa opera di impollinazione da parte del vento e degli insetti, dei delicatissimi fiori della vite, pianta ermafrodita. Spiega il significato dell'invaiatura e, di nuovo, sottolinea quanto il lavoro dell'uomo diventa piccolo e debole di fronte alle bizze della natura. Per poi, a vendemmia fatta e vinificazione avvenuta, lasciarsi andare a un sospiro di sollievo lungo qualche mese. Mica tanti, perché anche nella stagione fredda il viticoltore, a differenza della vigna, non dorme mai. E i vini? Valgono tutti questi patimenti?

Un bianco, due rossi e un dolce esperimento
Dai terrazzamenti fioriti scendiamo a cascina Galbusera Nera, dove c'è la cantina con la sala degustazioni.
TERRE LARIANE IGT BIANCO "SOLESTA" 2009
70% riesling, 30% chardonnay + pinot bianco
Un "SOLstizio d'ESTAte" giallo paglierino brillante e consistente, con un naso intenso, complesso e fine. Con il passare dei minuti gli effluvii di acacia e sambuco vengono affiancati da sentori fruttati di ananas e banana, mentre emerge decisa la nota minerale di grafite con un velo di "gomma da riesling". Bocca caldo, morbido, fruttato e polposo, con un finale ammandorlato sin troppo deciso, destinato certamente ad attenuarsi negli anni. E' infatti un bianco da invecchiamento con una componente alcolica ben decisa.
13 % alcol, affinamento botti di acacia. A seguire acciaio e bottiglia.

TERRE LARIANE IGT "SéRIZ" 2008
Annata disastrosa per via delle piogge, per questo blend tra merlot (70%), cabernet sauvignon e syrah, che prende il nome dalle pietre ollari tipiche dei depositi glaciali dalla Valtellina alla Brianza.
Colore rubino consistente, naso dominato dalle amarene e dalle more, accompagnate da sentori vegetali e di erbe aromatiche e da un pizzico di spezie. In bocca è caldo, morbido e balsamico ma lo vorremmo meno alcolico e più corposo e strutturato in tannini. Chiude su pepe verde.
Solo legno grande, poi acciaio e chiarifica. 13,5 % vol.

PINOT NERO "SAN GIOBBE" 2009
Anno dopo anno il pinot nero si lascia addomesticare e il San Giobbe si incammina a diventare il vino di punta dell'azienda, pur non essendo ancora iscritto alla recente Igt Terre Lariane e pur nato per caso visto che, all'origine, il sig. Giordano Crippa voleva farne uno spumante bianco.
Colore rubino scarico, di bella consistenza, naso di caramelle di frutti di bosco, rosa canina, cuoio, ciliegia sotto spirito e liquerizia. Buon riscontro in bocca, per un vino che si lascia bere con piacere.
Macerazioni non troppo lunghe, in parte con i raspi. No follature, vinificazione parte in acciaio parte in rovere. Affinamento in botti grandi.
13 % vol.

CALIDO 2010
Poco più che famigliare la produzione di questo Vendemmia tardiva da traminer e moscato di Scanzo vinificato in bianco.
Colore dorato intenso con riflessi ambrati, naso di arance candite e rosa canina, con note di smalto molto spinte. In bocca caldo, morbido e ben equilibrato tra dolcezza e acidità, chiude con una leggera sensazione di effervescenza per via del basso contenuto di solforosa che permette una leggera rifermentazione.
100 ml residuo zuccherino.

CONCLUSIONI: PERCHE' NON FARE SOLO CHARDONNAY E PINOT NERO?

Zona splendida, cascine meravigliose, vini buoni e in sicura crescita. Resta una constatazione: curioso notare come la mappa viticola di Montevecchia metta fianco a fianco su una collina vitigni assai diversi gli uni dagli altri, come riesling, chardonnay, merlot, cabernet, syrah e pinot nero che altrove, in regime però di monoculture distanti anche parecchie centinaia di km, danno vita ai vini più grandi della terra. Non sarebbe meglio, per esempio, lasciare che la Valcalepio si occupi dei bordolesi e concentrarsi solo su pinot nero e chardonnay? Dopotutto non sono in pochi a soprannominare queste colline moreniche del milanese esposte verso sud-est "la piccola Borgogna brianzola". Da lì l'azienda La Costa potrebbe in futuro abbandonare l'incoerenza della Igt Terre Lariane per diventare titolare in regime di "monopole" di una nuova Doc Montevecchia tutta per sé.