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Vigneti a La Geria. Sullo sfondo, il profilo dell'imponente Caldera Blanca. |
martedì 13 settembre 2022
Cenere e vino
sabato 12 dicembre 2020
Il Pelaverga, tanta potenza in una manciata di ettari di Langa
In questi giorni di chiusure imposte e regioni che virano dal rosso al giallo e viceversa, ho ripensato a quell'ultima visita in cantina, nell'anno primo A.C. (avanti Covid) effettuata in una brumosa domenica di inizio novembre di un anno fa. Pullmino carico di una bella compagnia di bevitori brianzoli goderecci (no, talvolta "brianzolo" e "godereccio" non sono un ossimoro) e via, destinazione le Langhe. Verduno, per la precisione, patria di uno dei cru di Barolo più pregiati, il Monvigliero, e soprattutto feudo esclusivo di produzione del Pelaverga.
A questa uva negra - come veniva descritta nel '400 - le aziende del territorio dedicano sforzi e investimenti per mantenere viva una storica tradizione vinicola sottraendo spazio (in tutto circa 18 ettari) al vicino più blasonato, per continuare a regalare al mondo del vino questo rosso assolutamente unico e inconfondibile per i palati più allenati.
Una di queste è l'azienda Poderi Roset di Silvio Busca, che ci ha ospitati per un racconto lungo e interessante cominciato da queste vigne srotolate sul bricco di Verduno, con una vista a 360 gradi che spazia dal Monviso, a La Morra, Alba e Barolo, e terminato con una interessantissima degustazione tra cisterne di acciaio inox e siringhe a pescare dalle botti l'anteprima del loro nettare prezioso.
Di quella visita, oltre al bellissimo ricordo, ho recuperato di recente l'ultima bottiglia rimasta del Pelaverga Poderi Roset per immolarla davanti a un classico della tradizione gastronomica lombarda: un risotto con vino rosso e salsiccia.
Dei vini degustati un anno fa, devo dire che ero rimasto positivamente impressionato dal Dolcetto, che il buon Silvio aveva presentato sottotono come spesso è il carattere autenticamente modesto e schivo ai complimenti del viticoltore di Langa, e naturalmente il Barolo Monvigliero. Il Pelaverga mi era parso invece un po' troppo esuberante, negli aromi e nella potenza alcolica. In effetti per il 2017 parliamo di un vino da 14 gradi, con un corpo fruttato che mostra i muscoli di un Syrah della Sicilia, tanto per intenderci.
Questo secondo assaggio, complice anche un abbinamento perfetto, mi ha invece letteralmente conquistato.
Verduno Pelaverga Doc Poderi Roset 2017
Colore rosso rubino scurissimo con riflessi violacei, al naso rivela subito la sua esuberanza di frutta rossa, spezie e fiori viola. Piccoli frutti del sottobosco, pepe, ciclamino, lavanda e una punta di pompelmo rosa, e chi più ne ha più ne metta. Ottima la corrispondenza in bocca, dove il corpo fruttato inonda il gusto, accompagnato dal tipico piacevole "pizzicore" speziato e dalla calda carezza della nota alcolica, mantenuta viva da un'acidità giunta al suo apice di maturità. Un vino "grasso" che colora lingua e denti e invita alla beva, ben mascherando i suoi 14 gradi. Sicuramente è perfetto oggi, dopodomani potrebbe già essere in fase calante. Al Pelaverga, del resto, non interessa ambire alla longevità di un Nebbiolo, gli basta fasi riconoscere e apprezzare per quello che è: un vino saporito, corposo e profumato che non ha alcun interesse a mostrare muscoli che non ha. Non ha una grande acidità né un tannino importante, di conseguenza va bevuto ancora relativamente giovane, entro 2-3 anni dalla vendemmia, per apprezzare meglio un frutto e una florealità che potrebbero appassire e appesantirsi rapidamente da un anno con l'altro. In una terra costellata di gioielli il Pelaverga è un ottimo prodotto artigianale per tutti i palati e i portafogli, visto che il prezzo delle bottiglie difficilmente supera i 10 euro. Ed è una vera goduria.Abbinamenti: primi piatti con carni, risotti con salsiccia e funghi, costolette di agnello, formaggi di media stagionatura, anche a pasta morbida.
mercoledì 3 giugno 2015
Pinot noir in tutte le lingue del mondo
Pinot di una zona tra Marlborough e Waipara, nel nord dell'Isola sud della Nuova Zelanda. Quasi tutti i vini qua hanno lo screw cap. Terreno calcareo collinare sottosuolo argilloso, grande escursione giorno notte. Profumi intensissimi. Uva monovigneti di Omaha valley. 30 barrique di primo, il resto di 2-3 passaggio. Vendemmia ritardata x lenta maturazione poi 5 giorni di raffreddanento prima della fermentazione. Rubino brillante piccoli frutti rossi noce moscata pepe bianco. Speziato, amarena, ribes rosso. Elegante giovane persistente. Sapido e polveroso,astringente ma non amaro. Vino magnifico.
VINHA VENTISQUERO PINOT NOIR "QUEULAT" 2011
Nei vigneti tra le Ande e il Pacifico la fillossera non è mai arrivata. I vitigni sono tutti quindi a "piede franco". Il clima gode di un'ottima escursione tra il giorno e la notte e della ventilazione continua da parte delle correnti oceaniche, in particolare dalla Corrente di Humboldt. Questo vino è prodotto nel nord del Cile, nella Valparaiso, tra Casablanca e Santiago del Cile, dove il clima ricorda molto quello delle zone più fresche del mediterraneo. I cileni sono veri maghi nell'arte dell'irrigazione a goccia e nella canalizzazione, maestria importantissima se si vuole coltivare adeguatamente un'uva come il pinot nero, che odia i ristagni d'acqua. 70 % barrique x 10 mesi, 30 % in acciaio.
Leggermente più "colorato" del neozelandese che era molto scarico. Attacco decisamente erbaceo vegetale, salmastro fin quasi alla salamoia. Poi spezie, pepe, e un frutto rosso che conquista spazi minuto dopo minuto. Molto meglio in bocca che al naso. Chiude balsamico e mentolato.
Meno longevo ed elegante del primo. Ad ogni modo un buon vino che necessita di adeguata areazione per accordare al meglio le sue complessità.

Anche nell'entroterra di Cape Town le escursioni diurne sono marcate e i vigneti beneficiano della ventilazione dei venti oceanici, come il Cape Doctor proveniente dall'Oceano Indiano, che prima di giungere tra i filari viene naturalmente "dissalato" dalle ricche foreste del "bosco di Stellen".
Grande, grande struttura data dal 14% di alcol.
Piccoli frutti rossi. Ribes,lamponi. Muschio e spezie, chiodo di garofano,liquirizia. Pieno opulento strutturato. Nota boisé piacevolissima. Ottima freschezza che fa salivare e tannino meraviglioso, associato a una grande sapidità.
Lunga la persistenza...

YARDEN PINOT NOIR 2009
In Israele i coloni francesi hanno dato il "là" nel'800 a un percorso vitivinicolo che oggi ha raggiunto vette di assoluto rispetto.
Sulle contese alture del Golan il barone Rotschild ha comprato terre e impiantato vigneti, fiducioso che quella terra ricca di componenti vulcaniche, di tufi e basalti, potesse essere la base per una nuova colonia vitivinicola. Su queste montagne il clima offre escursioni termiche tali da riuscire a produrci anche l'Eiswein, il "passito di ghiaccio".
Questo terroir offre ottime condizioni di crescita per il pinot nero. Questo vino è stato affinato per il 70% in barrique nuove, per il 30 di secondo passaggio. Colore rubino scarico con riflessi granati, ha profumi intensi e complessi di fragoline di bosco, erbe officinali aromatiche, liquirizia. Sensazioni che tornano n bocca, incastonate in una grande struttura di buona persistenza. Un vino davvero ben fatto.
In bocca è imponente e ancora freschissimo, e invita alla beva, ancora e ancora.
martedì 24 marzo 2015
Orcaio Super
Non amo particolarmente i vini da uve sangiovese. Anzi, per la verità, amo il volto rustico e beverino del Sangiovese, quello del tradizionale fiasco di Chianti da tracannarsi davanti a una zuppa di farro oppure il Morellino affatto pretenzioso prima dell'avvento della "barrique a tutti i costi", quello da accompagnare a un bel tagliere di finocchiona e caciotta toscana.
Però ben vengano le eccezioni. Soprattutto quando si tratta di fuoriclasse come questo Super Tuscan , dell'azienda Pianese, di Capalbio, con vigneti tra l'Argentario e l'Amiata. Il mare a ovest, i cinghialuti rilievi boscosi e il confine con il Lazio a nordest.
Non più di due settimane fa ho stappato l'annata 2006 ed è stata davvero esaltante, paragonabile a un buon Brunello. Nella scheda dell'azienda leggiamo "Orcaio e' frutto di una selezione di uve Sangiovese aziendali, vitigno da sempre coltivato nell'entroterra della Maremma. Matura in piccoli fusti di rovere francese per 18 mesi prima dell'affinamento in bottiglia... Capacità di invecchiamento: 15-20 anni".

Toscana Igt Sangiovese "Orcaio" 2006
Colore rosso rubino scuro, profondo e brillante, rotea nel calice con una bella consistenza che si avviluppa al cristallo in densi glicerici gironi danteschi.
Al naso è intenso ed elegante, molto complesso e fine. Cilegiona e amarene in esordio a braccetto con le note di liquerizia, sulle quali vanno a innestarsi subito sensazioni di cuoio, tabacco dolce e pepe nero, con sfumature di ciclamini appassiti e sottobosco. In bocca è corposo, avvolgente, caldo e morbido e di viva acidità intessuta in un tannino muscoloso ma elegante, come uno Schwarzenegger sorridente e vestito a festa.
Il finale è lungo e appagante, e lascia in bocca il sapore del nocciolino delle amarene sotto spirito.
Dico la verità, il vino era talmente buono che mi sono dimenticato il menu. Potrebbe essere addirittura ideale a fine pasto in compagnia di formaggi stagionati o di un prosciutto toscano stagionato tagliato grosso con il coltello, ma sicuramente trova il suo connubio ideale con delle pappardelle al ragù di lepre o con un cinghiale arrosto o in salmì.
In un'enoteca brianzola l'ho trovato a circa 20 euro.
Voto: 92
martedì 20 gennaio 2015
Nuova guida Ais: dalla vite al grappolo andata e ritorno
Finisce definitivamente, per i soci e i lettori, l'incubo della gestione "alla romana" di Franco Maria Ricci, storico editore e presidente dell'associazione.
Stando invece alla nuova Bibbia dell'eno appassionato, dopo il formato "mattonazzo" che forse non si era mai visto nemmeno nei tempi d'oro pre-crisi, balza all'occhio la maggiore scientificità del testo e della grafica. Recensioni concise senza troppi fronzoli o pompose lodi alle aziende, giudizi più critici e imparziali, assenza di alcuni campioni indiscussi per dare maggiore visibilità ai prodotti meno noti delle stesse case vinicole. Insomma: bastano pochi giri di pagina per percepire netta la sensazione di serietà e professionalità, che si erano un po' perse per strada, sacrificate al marketing di Bibenda.
Unica nota discutibile: il logo bruttino che ha sostituito il vecchio "grappolo" a premiare in numero crescente la qualità dei vini. I migliori non hanno più i 5 grappoli bensì le "t" della scritta vitae in copertina. Confidando in un logo più carino e creativo per il 2016, speriamo che la rinuncia al "grappolo" sia stata l'ultima concessione alla vecchia gestione padronale dell'associazione. Un "cavatappino" già andrebbe meglio. Ma poi, dico io, abbiamo il caro, vecchio taste vin...usiamolo!
martedì 13 gennaio 2015
Rosso di montagna biologico
Vallée d'Aoste Doc Torrette Supérieur "Vigne Rovettaz" 2012
Questo vino stupisce subito per il colore rosso rubino scuro, con leggere sfumature volacee, è molto denso e consistente e ha profumi intensi di buona complessità che spazia dai piccoli frutti di bosco maturi, in particolare le more e i ribes, virando sulla confettura di amarene per poi imboccare una via floreale e di spezie dolci assolutamente accattivante. In bocca queste note dolciamare sono sostenute da un tannino maturo e soprattutto da una viva acidità che rende ogni assaggio fresco e appagante. Anche la persistenza è di tutto rispetto, per un vino territoriale assolutamente equilibrato e ben riuscito, che seduce senza ruffianerie e parla la lingua inconfondibile di questi luoghi di montagna meravigliosamente esposti a sud su pendii che offrono un'incilinazione ottimale ai raggi solari.
Un vino ottimo per un "tutto pasto" con piatti saporiti, ideale accostamento di primi piatti con ragù e con secondi di carne, soprattutto brasati e umidi, anche di cacciagione e selvaggina da piuma e da pelo.
Voto: 86
lunedì 5 gennaio 2015
Oltrepo d'autore
Da quando l'ho scoperta due anni fa, non ho ancora trovato un'altra casa vinicola pavese lontanamente paragonabile per qualità ai vini di quest'azienda biologica.
Una visita in cantina val bene la strada tortuosa e panoramica che sale verso la cittadella, soprannominata la "regina dell'Oltrepo" proprio per via della sua posizione dominante la brumosa campagna sottostante. Ad accogliervi non troverete asettiche sale di degustazione ma una famiglia disposta ad aprire le porte della sua cantina di vinificazione per degli assaggi un po' spartani ma quanto mai genuini, sia per spontaneità sia per l'alta qualità dei prodotti. Provateli tutti, anche perché hanno prezzi assolutamente competitivi.
Imperdibili per il mio gusto la Bonarda e la Barbera, dai profumi esuberanti e dall'elegante e sontuosa vinosità, così come il Riesling, benché io non ami questo bianco pavese. Ben fatto, infine, questo Pinot Nero spumantizzato, dimostrazione che anche in Oltrepo questa uva difficile può, se trattata bene, dare vita a egregie bollicine. Puntualizzazione dovuta al rapporto conflittuale tra il sottoscritto e il metodo classico pavese, esacerbato in occasione di un Vinitaly di qualche anno fa durante il quale venne presentato in pompa magna l'esordiente Cruasé delle più rinomate aziende del consorzio, di cui ancora ricordo una varietà di puzzette e saporacci a dir poco imbarazzanti.
Bisio Devis Oltrepo Pavese Doc Pinot Nero Brut Metodo Classico
Colore giallo paglierino cristallino, ha spuma di buona finezza e persistenza e profumi fini di noccioline tostate, crosta di pane, agrumi e fiori di tiglio. In bocca ribadisce quanto offerto al naso, in una carezza di cremosa freschezza di discreta persistenza. Io, in onore della tradizione delle risaie della vicina Lomellina, l'ho bevuto assieme a un risotto con provola affumicata e pomodori secchi, col quale si è legato alla perfezione. Tuttavia, non avendo particolari punte aromatiche o di acidità, ce lo vedo benissimo a tutto pasto, a cominciare dalle torte salate per finire con dei crostacei alla griglia. Si tratta infatti di uno spumante gradevole, non meritevole da solo di una domenica in collina, ma certamente un valente esemplare di quanto di buono e onesto la denominazione può offrire in ambito spumantistico concentrandosi più sulla presa di spuma che sulla pompa magna... Voto: 82