venerdì 31 ottobre 2008

Gli incredibili profumi del Greco di Bianco

Nel delizioso mondo dei vini dolci il Greco di Bianco Doc non è secondo a nessuno. Lo producono un pugno di aziende calabresi nel territorio dei comuni di Bianco e Casignana, in provincia di Reggio Calabria, all'incirca là dove batte la punta dello stivale.
Per fare questo vino si usano le uve di greco bianco, un vitigno autoctono che fu uno dei primi ad essere portato in Italia dai coloni Greci che proprio su queste coste stabilirono i loro primi approdi, intorno al VII sec. a.C.
La sua caratteristica è che, mentre in altre zone della regione cresce fitto e compatto, in questa terra calda e arida per buona parte dell'anno dà origine a grappoli "spargoli", ovvero con i chicchi radi e ben distanziati gli uni dagli altri.
Si tratta di una sorta di auto-selezione che la pianta fa, decidendo di destinare le sue scarse risorse per la produzione di pochi acini.

A metà settembre è tempo di vendemmia, le uve vengono raccolte e messe ad appassire al sole su dei graticci costantemente asciugati dalle brezze del Mediterraneo.
Dopo una decina di giorni vengono portate in cantina e spremute, e il vino comincia il suo lento "processo di educazione", tra botticelle di legno e bottiglia, che durerà per circa 14 mesi.

LA DEGUSTAZIONE
Prendiamo, per esempio, il Greco di Bianco Doc 2003 dell'azienda Vintripodi. 14,5% di alcol per un prezzo medio di 35 euro in enoteca.
Dire che è brillante non rende l'idea, tanto questo vino luccica delle piccole stelle d'oro antico che si accendono nel cuore del suo caratteristico colore ambrato.
I profumi sono assolutamente stupefacenti, magnificamente ridondanti e di inaudita ricchezza e finezza. Alla mente scorrono le immagini delle albicocche secche, della mela cotogna, della marmellata di agrumi, dell'arancia candita. Ma non è finita qui. Salgono altri aromi di torrone, zenzero, cannella, nutella. Per finire con la salvia e il miele di castagno. Ma sarà davvero finita qui?
Vi assicuro, non sto delirando.
Tanta complessità ritorna in bocca ma sempre per via retroolfattiva. Al gusto è dominante la sensazione di albicocca secca inserita in una struttura di assoluta morbidezza e di dolcezza mai stucchevole, per via di una bella acidità che rende il vino tanto fresco da poterlo definire, più che dolce a tutti gli effetti, amabile.
Terminata la degustazione, il suo sapore delizioso ha accompagnato me e la mia compagna di libagioni fin dal fornaio dove ci siamo trangugiati un cornetto caldo con la marmellata di mele e un altro con la pasta di mandorle. Ché il sol pensiero mi fa venire ancora l'acquolina in bocca.

Nicola Taffuri

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