martedì 9 dicembre 2008

Alla scoperta della ricetta del Braulio

L'amaro Braulio è uno dei liquori più antichi d'Italia. Nacque nel 1875, ben 100 anni prima del sottoscritto, dal genio di Francesco Peloni, che aveva deciso di seguire anch'egli la via del padre farmacista in quel di Bormio, nell'alta Valtellina.
Non bisogna quindi scandalizzarsi se i palati meno allenati alle degustazioni, quando bevono un sorso di amaro, azzardano frasi del tipo "sa di sciroppo per la tosse". Per forza, niente di più facile che l'abbia fatto un monaco, un alchimista o un moderno farmacista.
Mia sorella, per esempio, che in passato ha avuto qualche guaio con le tonsille, ha detto che il Braulio le fa schifo perché le ricorda il propoli. In realtà non le piace perché associa il suo sapore ai febbroni e ai mal di gola patiti da bambina, quando i nostri genitori le spalmavano le tonsille con l'alcolicissima "tintura delle api".
Effettivamente la nota di propoli è innegabile. Così come è altrettanto evidente l'aroma del ginepro, della menta, della canfora e della resina di pino. Ma quali sono gli ingredienti del Braulio?
La ricetta, ovviamente, è segreta. Del resto mica si può pretendere che, dopo anni e anni passati ad andar per bacche e a distillare radici, si sia disposti a cedere a chicchessia la ricetta del tanto agognato "elisir di lunga vita".
Di certo si sa che il segreto del Braulio sta nel gioco virtuoso tra l'acqua di Bormio, la sapiente distillazione di erbe, bacche e radici che crescono alle pendici del monte Braulio, nel Parco Nazionale dello Stelvio, e, infine, nell'invecchiamento del liquore in botti di legno di rovere di Slavonia.
Da tempo la forte richiesta commerciale ha imposto di andare a raccogliere gli ingredienti altrove. Il farmacista, insomma, si è fatto industriale. Però nulla ha tolto alla genuinità e alla tipicità del prodotto.
Del resto la stessa cosa è accaduta anche per un'altra specialità della Valtellina, la Bresaola, proveniente ormai interamente da tagli di manzi argentini.
Tornando alla ricetta, con un po' di attenzione e un pizzico di malizia non è così difficile cogliere alcuni degli ingredienti fondamentali. Il nostro campo di ricerca, infatti, dovrà per forza di cose essere limitato alla vegetazione di questa zona alpina.
Io scommetto su ginepro, genziana, achillea moscata, menta piperita.
Rilancio sul propoli e sull'artemisia, la stessa del Genepì (altro liquore alpino) e dell'assenzio, l'elisir proibito tanto amato dai poeti maledetti.
Infine butto sul tavolo la carta della rosa canina e quella della liquirizia.
Forza, compratevi una bottiglia (c.ca 9 € quella da 0,70 l.) e giocate con me. Non amo fare i solitari.
N.T.

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