martedì 26 maggio 2009

Cruasé: poche gioie, molti dolori

Spiace sempre stroncare singole etichette, spiace ancora di più stroncare un'intera tipologia. Dispiace meno quando la tipologia è elevata in pompa magna da faraonici investimenti promozionali atti a convincere il mondo degli addetti al settore che dietro sì bella immagine si cela un contenuto all'altezza delle aspettative create dagli strilloni.
Ma partiamo con ordine. Ieri sera, nella principesca cornice del giardino delle rose della Villa Reale di Monza, si è tenuto un grande banco d'assaggio dei vini dell'Oltrepo Pavese. Bianchi e rossi, con un'attenzione particolare per quel Metodo Classico da uve pinot nero, fresco Docg, e alla sua variante in rosa che, grazie a qualche mente arguta, dal 2010 prenderà il nome di Cruasé (cru + rosé). Un marchio registrato, ovviamente. Perché una parola così bella e geniale rischiava di attirare torme di contraffattori, ansiosi di replicare altrove un prodotto così talentuoso. E qui chiedo scusa ai produttori delle - quelle sì - grandissime bollicine trentine.
Vuoi per restare attaccato con le unghie alla mondanità del mondo del vino che può portare interessanti contatti di lavoro, vuoi per curiosità personale, mi sono presentato alla serata cercando di non pensare a quel terribile incontro che avevo avuto in sala stampa al Vinitaly con il Pinot Nero Rosé di uno dei produttori di punta dell'Oltrepo. Effettivamente nessuna delle etichette assaggiate nel Serrone della Villa Reale ha replicato lontanamente il livello infimo di quel vino fetente, incappato evidentemente in un'annata sfortunata, visto che, sarà un caso, ma è stato prudentemente lasciato a casa dal produttore che stavolta ha preferito mettersi in mostra con due Blanc de noirs di discreta fattura.
Ad ogni modo, dopo aver alzato un tot di volte il calice del futuro Cruasé, la netta impressione che ho avuto, confermata anche dai miei compagni di degustazione, è che si tratti di un vino assolutamente sovrastimato. Spesso citrino, amarognolo e con ricorrenti puzzette di aglio e cipolla davvero molto poco invitanti.
Urge tuttavia segnalare qualche etichetta virtuosa.

I virtuosi
Tra tutti gli OP Metodo Classico Pinot Nero Rosé, quello dell'azienda Fiamberti si è distinto per corpo, eleganza, finezza delle bollicine e piacevolezza di beva. Buone conferme anche da grandi nomi come Ca' di Frara, autrice di un discreto Cruasé.
Tra gli altri Metodo Classico un encomio speciale al Vengomberra Brut, un millesimato da Pinot Nero + Chardonnay secchissimo e finissimo prodotto dall'azienda di Bruno Verdi. Pregevole, infine, anche il Blanc de noirs della Fattoria il Gambero.

In conclusione
Stando alla degustazione, il pinot nero conferma il suo carattere difficile soprattutto nella vinificazione in rosa. Lo standard qualitativo medio non riesce ad entusiasmare e, nonostante i toni trionfalistici di Carlo Alberto Panont, direttore del Consorzio Tutela Vini Oltrepò Pavese, dimostra che l'Oltrepo Pavese è distante ancora anni luce dalla Montagna di Reims. Prendiamone atto e cerchiamo di non far ricadere sul consumatore finale il costo di una campagna promozionale tanto ambiziosa.
N.T.

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