lunedì 19 gennaio 2009

Un rosso rotondo? Quello di Cà del Bosco, per esempio

In questo continuo impazzare di rubriche giornalistiche dedicate al mondo del vino c'è uno stucchevole (oddio, eccone qui uno!) abuso di sostantivi e aggettivi inflazionati che oramai il nostro cervello non registra più. Come con i profumi, anche con le parole è alto il rischio di assuefazione. E il passo verso la noia, prima, il rigetto, poi, è davvero breve. Ieri sera, per esempio, una mia amica mi prendeva amabilmente per i fondelli perché avevo definito "rotondo", il vino rosso con cui stavo pasteggiando. Fateci caso. Non c'è vino che qualsiasi sedicente esperto ci consigli che non sia "rotondo". Beh? E che mi sta a significare? Scivoloso? Morbidoso? Roteante? Premesso che un grande vino non deve essere necessariamente rotondo ma, a mio giudizio, deve farsi notare per personalità (no, ne ho detta un'altra!), ecco come ho cercato di spiegare il concetto alla mia amica, alle prese con una forsennata roteazione di uno Chardonnay barricato.
Un vino è rotondo quando nessuna delle componenti del gusto prevarica sulle altre. Ovvero quando l'acidità, la sapidità, l'astringenza amarognola del tannino (solo x i rossi), le parti alcoliche e quelle dolci sono in equilibrio reciproco. Uno degli esempi più in voga in ambito giornalistico è quello musicale del coro o dell'orchestra dal suono armonico e melodioso. Io che ho la fissa per il rock e il Boss potrei dirvi: ascoltatevi Born to run, No surrender, Hungry Heart e avrete un esempio del concetto di "rotondità"! Ascoltatevi un pezzo dei Rage against the machine o dei White Stripes e avrete un esempio, invece, di "spigolosità". Rotondità e spigolosità, termini contrapposti che tuttavia non hanno necessariamente una connotazione positiva o negativa. Questione di gusti.

La degustazione
Il vino che ho assaggiato ieri, senza voler ambire alla stoffa del campione, vanta comunque evidenti caratteristiche di rotondità. Si tratta del Curtefranca Doc Rosso 2002 di Cà del Bosco. Maurizio Zanella, presidente della maison spumantistica di Erbusco, e il suo enologo Stefano Capelli lo fanno con una miscela di merlot, cabernet franc, cabernet sauvignon, nebbiolo, barbera. Uve che danno, ciascuna, un personale contributo all'ottima fattura di questo vino. Colore rosso granato scuro, profumi intensi ed eleganti di frutta rossa, spezie ed erbe aromatiche, quando entra in bocca ci riporta delicatamente alle sensazioni avute al naso, tenendo ben salde le redini di tutte le componenti del gusto. Si lascia bere con un piacere e una facilità tali che il secondo calice è automatico. Soprattutto se ci troviamo di fronte, come nel mio caso, a un ricco tagliere di salumi e formaggi misti. Costo in enoteca, circa 13 euro.
Nicola Taffuri

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